“Si celebra oggi il 30° anniversario della ripresa delle relazioni diplomatiche tra l’Albania e la Santa Sede”: lo ricorda, in una nota, mons. Gjergi Meta, vescovo di Rrëshen e segretario generale della Conferenza episcopale albanese, che rievoca gli eventi a partire dal secondo conflitto mondiale: “L’ultimo nunzio, mons. Giovanni Nigris, fu espulso dall’Albania all’indomani della Seconda Guerra mondiale e, al suo posto, venne nominato delegato apostolico mons. Frano Gjini, abate di Orosh, che morì martire, fucilato nel 1948 poco dopo aver scritto una lettera al dittatore Hoxha sui diritti dei cattolici in Albania. Da allora tra Vaticano ed Albania la comunicazione fu chiusa. I vescovi albanesi incarcerati non poterono partecipare neanche al Concilio Vaticano II. San Giovanni XXIII fece menzione dei vescovi oltre la cortina di ferro nel suo discorso inaugurale dell’apertura del Concilio”. “L’Albania – aggiunge mons. Meta – non fece parte neanche dei processi importanti dell’Ostpolitik, che portò il Vaticano ad avere taluni rapporti con i Paesi del campo comunista. La chiusura fu totale”.
Per poter riprendere le relazioni diplomatiche “bisognerà aspettare il 7 settembre del 1991, dopo una fitta corrispondenza dall’allora Governo albanese e la Santa Sede. Il primo nunzio fu mons. Ivan Diaz che poi fu creato anche cardinale. Da parte dell’Albania l’interlocutore fu l’intellettuale scutarino Willy Kamsi”.
In questi anni di relazioni diplomatiche, precisa il vescovo di Rrëshen, “il clima è stato di grande cortesia ed interesse. Due Papi hanno visitato l’Albania, San Giovanni Paolo II nel 1993 e Papa Francesco nel 2014”.
Nel frattempo, “venne stipulata anche una convenzione tra Santa Sede e Repubblica d’Albania a firma del segretario di Stato, card. Angelo Sodano. A questa sono seguite altre convenzioni di carattere economico”.
Ma, avverte il presule, “è nell’impegno della Chiesa cattolica, dei vescovi, missionari e missionarie e tanti fedeli che queste relazioni sono state manifeste. Fu la partecipazione dei cristiani cattolici in tanti settori della vita sociale e spirituale del Paese a dare visibilità alla Chiesa, che, con l’aiuto ai poveri e le attività delle scuole cattoliche – dall’asilo fino all’Università -, ha dato un grande contributo per la democratizzazione del Paese e la sua crescita”.
Secondo mons. Meta, “il cammino è ancora lungo e queste relazioni reciproche potranno ulteriormente perfezionarsi. Nel frattempo la Chiesa, seppur in mezzo a tante difficoltà locali ed universali, cresce e continua a fare del suo meglio per la vita del Paese e di ogni persona”. E conclude: “Gli scambi diplomatici sono importanti per la libertà di culto e di religione dei cattolici, ma anche per le aspirazioni dell’Albania verso l’integrazione europea. La tradizione cattolica è infatti un ponte importante di collegamento tra l’Albania e l’Europa, continente cui essa appartiene e non solo geograficamente”.