“Da mesi riceviamo segnalazioni da profughi eritrei in Sudan ed Etiopia vittime di sequestri e ricatti, con bambine e ragazze vittime di abusi sessuali”. Un appello è lanciato oggi dall’agenzia Habeshia, che raccoglie il grido di aiuto dei connazionali in fuga dall’Eritrea ma sopraffatti dalle violenze che incontrano durante il viaggio nel tentativo di arrivare in Europa. In Sudan avvengono decine di sequestri lampo a scopo di riscatto nella zona dei campi profughi di Shegherab e Kessella. “Gli autori di questi crimini – denuncia padre Mussie Zerai, presidente dell’agenzia Habeshia – sono clan ben noti alle autorità della polizia sudanese, dell’etnia Rashaida, ben armati e organizzati, con elementi criminali di altre etnie sudanesi ed eritree che controllano tutta la zona di confine tra i due Paesi e il territorio intorno ai campi”. Sempre in Sudan, a Khartoum, una rete di tratta a scopo di prostituzione e pedofilia “prende di mira i figli di profughi e rifugiati. Bambine di 10 anni vengono sottratte dalle scuole, abusate, filmate e costrette a subire violenze fisiche e sessuali da adulti. La giustizia sudanese stenta a perseguirli anche di fronte a denunce documentate di alcune famiglie di rifugiati coraggiosi che pretendono giustizia”, ma il sistema giudiziario “spesso rilascia i criminali che tornano a minacciare e intimidire le famiglie”. In Etiopia, nella regione del Tigray, i rifugiati eritrei sono vittime due volte, perché si trovano in mezzo ad un conflitto che va avanti da mesi. “Due campi profughi distrutti, oltre 20mila profughi dispersi, di cui circa 10mila si sospetta fossero stati forzatamente deportati verso il Paese di origine”, afferma padre Zerai. Molti rifugiati nelle città del Tigray “vivono in condizioni di paura e miseria”, così come nella capitale Addis Abeba. Il sacerdote chiede all’Europa di “garantire una reale sicurezza e condizioni di vita dignitose, una protezione umanitaria effettiva. Serve una giustizia rapida e reale che colpisca i crimini odiosi sui minori e contro i sequestri di persona”. Alla comunità internazionale viene chiesto “un piano di protezione ed evacuazione per sottrarre i profughi dalla zona di conflitto” in Etiopia e di “garantire assistenza a tutta la popolazione coinvolta”.