“La crisi (relata alla pandemia) può essere un tempo provvidenziale, un invito a scoprire una nuova strada nel deserto che viviamo, l’occasione per trovare una ‘buona notizia’ anche nel mezzo del dolore. Come Chiesa siamo chiamati a chiederci: si è trattato di una parentesi nell’attesa che tutto ritorni come prima oppure c’è una lezione da imparare? Come sta la nostra fede davanti alla crisi? Come sta la Chiesa davanti alla crisi? Quali opportunità? Quale lezione imparare per la nostra relazione con Dio, il nostro modo e stile di essere Chiesa e la nostra spiritualità?”. Si è aperto con questi interrogativi l’intervento che don Francesco Cosentino, docente di teologia fondamentale presso la Pontificia Università Gregoriana e la Pontificia Università Lateranense, ha tenuto ieri pomeriggio alla 70ª Settimana di aggiornamento pastorale promossa dal Centro di orientamento pastorale (Cop) ad Assisi sul tema “In cammino verso il Sinodo della Chiesa italiana”.
Chiamato a immaginare “Quale Chiesa dopo la pandemia?”, don Cosentino ha indicato “tre grandi sfide”: “Ripartire da Dio, con uno sguardo alle vittime; Immaginare un nuovo modo di essere Chiesa; Risvegliare l’annuncio del Vangelo e la spiritualità della vita quotidiana”. “La situazione generata dal Covid-19 – ha evidenziato – ha in qualche modo smascherato una debolezza strutturale e anche una povertà spirituale che presiede alla nostra azione pastorale”. “È emerso come la comunità cristiana, una volta interrotta l’esperienza delle attività ordinarie, sia stata assalita dall’incapacità di pensare e immaginare altro”. “Il tempo drammatico e sospeso della pandemia – ha aggiunto – ha anche fatto emergere l’esigenza di una nuova spiritualità”. Inoltre, “la pandemia ci invita a uscire dalle vecchie forme di un vecchio cattolicesimo”, ha ammonito il teologo, secondo cui “più che la ripetizione di gesti liturgico-sacramentali via streaming” vanno incoraggiate quelle “iniziative pastorali che hanno aiutato le persone a ritrovarsi nella preghiera, nell’ascolto della Parola e nello spezzare il pane”. E, poi, “abbiamo assistito ad una rinascita della Chiesa domestica, un’esperienza che, forse, non andrebbe archiviata”. “La sfida che ci attende – ha sottolineato – è avvincente: invece di interpretare questa situazione come dettata dall’emergenza, potremmo leggerla con intelligenza pastorale”. “C’è bisogno di un ritrovato annuncio del Vangelo per rendere possibile il messaggio cristiano in un’epoca post-cristiana, oltre ogni irrilevanza”.