“È possibile sognare un Brasile diverso, un Paese dove siamo tutti fratelli?”. È l’interrogativo posto dal presidente della Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile (Cnbb), dom Walmor Oliveira de Azevedo, in vista della festa nazionale del Paese, che si terrà domani, 7 settembre.
“Siamo fratelli anche di coloro con cui non siamo d’accordo”, e tutto ciò deve “riconfigurare la nostra vita interiore”, secondo il presidente dell’episcopato brasiliano. Si tratta di una grande urgenza, “perché il Brasile è contaminato da un sentimento di rabbia e intolleranza”. Una realtà che diventa visibile nel fatto che “molti in nome delle ideologie si dedicano all’aggressione, alle offese, persino all’assurdità di difendere il fatto che la popolazione si armi”.
Invece, ammonisce il presidente della Cnbb, il cristiano “deve essere un operatore di pace, e la pace non si costruisce con le armi”. Nel messaggio viene chiesta un’attenzione prioritaria a chi soffre e in particolare ai “quasi 20 milioni di brasiliani che soffrono la fame, padri e madri senza cibo da offrire ai propri figli, segnati da una miseria che ferisce, vittime della disoccupazione e dell’alta inflazione”.
Dom Oliveira de Azevedo chiede politiche pubbliche che aiutino “la ripresa dell’economia e l’inclusione dei più poveri nel mercato del lavoro”. E ricorda che “i popoli indigeni, storicamente perseguitati, decimati, affrontano una grave minaccia”. La causa è la “pressione di una potenza economica estrattiva e avida, che fa di tutto per esaurire le nostre risorse naturali. Questo potere cerca di manipolare i responsabili del processo decisionale, di cambiare i confini della legge, di avanzare sulle terre indigene, decimando la natura, i popoli indigeni e la loro cultura”. Per questo insiste che “è un dovere cristiano stare dalla parte dei piccoli, di chi soffre, per difendere gli indigeni e le loro culture”.
Il messaggio chiede di prendere sul serio la sfida del cambiamento climatico, e di difendere le istituzioni democratiche, oggi aggredite. “Attaccare, eliminare, molestare, ignorare per escludere”, prosegue l’arcivescovo, non si coniuga con la democrazia. Questo vale anche per le manifestazioni indette in occasione della Giornata della Patria, in cui chiede di “rispettare la vita e la libertà degli altri, che devono essere visti come parte della nostra grande famiglia umana”.