Terra Santa: Gerusalemme, ingresso nuovo nunzio. Pizzaballa (patriarca), “chiamati a versare il balsamo della speranza e l’olio della misericordia nella vita delle nostre comunità”

(Foto ANSA/SIR)

“Siamo una Chiesa nella quale non mancano certo le sfide, vitale e bella; che parla molte lingue, multiforme; una Chiesa che vive e opera in una società in gran parte islamica o ebraica e che fa del dialogo interreligioso un elemento costitutivo della sua identità; una Chiesa che vive notoriamente in un contesto politico e sociale ferito e divisivo” a causa del conflitto israelo-palestinese. Così il patriarca latino di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa, ha descritto la “Chiesa madre di Gerusalemme” al nuovo nunzio e delegato apostolico, mons. Adolfo Tito Yllana, che oggi ha fatto il suo ingresso nella basilica del Santo Sepolcro a Gerusalemme. Accogliendo il nunzio in basilica il patriarca latino, davanti ai vescovi melchiti, maroniti, siriaci cattolici, caldei, armeni cattolici, latini, ha messo in evidenza le “tante iniziative e attività” della Chiesa locale in particolare nel “mondo scolastico e accademico, in quello sanitario, nel servizio ai giovani, nelle tante parrocchie sparse su tutto il territorio, la ricca presenza religiosa, e le variegate attività pastorali e sociali che la Chiesa custodisce, accompagnando la propria comunità nel suo cammino”. “La nostra – ha aggiunto Pizzaballa – è anche una Chiesa che parla molte lingue e che ha molti colori e che per alcuni di noi supera anche i confini di diversi Paesi. L’arabo è la lingua principale, è la lingua del cuore pulsante della Chiesa di Terra Santa, della comunità araba e soprattutto palestinese, che è la memoria e la radice che sostiene l’edificio spirituale e materiale della Chiesa; popolo che non vede ancora la fine del suo desiderio di pace e serenità nella sua terra, ma che è geloso delle proprie tradizioni, fiero custode della memoria cristiana di Terra Santa”. Il patriarca ha ricordato “i cattolici di espressione ebraica, i lavoratori stranieri, i migranti”. “La nostra è una Chiesa di pellegrini che, se ora non possono essere presenti a causa della pandemia, restano comunque parte integrante della nostra vita ecclesiale”. Una multiformità che si manifesta anche nella presenza di tutte le Chiese cristiane che, “come noi, qui affondano le loro radici e con le quali siamo in un rapporto vitale, fruttuoso e prezioso”. “Costitutivo” dell’identità della Chiesa locale è anche il dialogo interreligioso con ebrei e musulmani. Non è mancato un riferimento al “contesto politico e sociale ferito e divisivo. Il conflitto politico israelo-palestinese assorbe gran parte delle nostre energie e trova espressione non solo nelle reiterate tensioni militari, ma nello sforzo continuo a costruirsi una vita normale, che qui è sempre logorante e faticosa: spostarsi, lavorare, incontrarsi, celebrare sono operazioni mai scontate e mai immediate”. Rivolgendosi direttamente al nunzio Yllana, Pizzaballa ha aggiunto: “Incontrerà presto le conseguenze di tutto questo: risentimento, pregiudizi, incomprensioni, sospetti, paure, stanchezza affiorano spesso nei nostri discorsi e trovano spazio in molti cuori. Ma troverà anche tanta determinazione, impegno, speranza nonostante tutto, nelle tante organizzazioni e persone che non si rassegnano a questa realtà, ma si impegnano concretamente a voler vivere insieme e in pace”. “Tutto ciò – è stata la conclusione – ricorda alla nostra Chiesa che il piegarsi qui in questo Luogo, per custodire la memoria della morte e risurrezione di Cristo, deve poi portarci a piegarci sui bisogni di questa Terra e delle sue popolazioni. Siamo chiamati a versare il balsamo della speranza e l’olio della misericordia nella vita delle nostre comunità. Noi stessi dobbiamo anzi essere balsamo e olio, essere il profumo di risurrezione e di vita”.

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