“Ho sempre ammirato Enzo Jannacci per la sua attenzione ai più infelici della società”: parola di Elio, pseudonimo di Stefano Belisari, già leader del gruppo “Elio e le storie tese”, scioltosi nel 2018, intervistato nel nuovo numero di Scarp de’ tenis, la rivista di strada promossa dalla Caritas. “Canto Jannacci e la sua anima surreale e poetica” il titolo di una lunga e densa intervista in cui si parla di musica, ovviamente, ma anche di autismo, di teatro, di Gino Strada e dei talent show. “Per tutta l’estate Stefano Belisari – in arte Elio – ha fatto il saltimbanco sul palcoscenico cantando e mimando la poesia e la follia di Enzo Jannacci”, vi si legge. “Il padre era stato a scuola con Jannacci, lo adorava e gli faceva ascoltare tutti i dischi fin da quando lui era un bambino. Così Elio, se lo è sempre portato dentro Enzo, come uno di casa”. Quale anima hai portato sul palco fra quelle di Jannacci? “Difficile dirlo. Certamente – risponde il musicista – più vicina a me è quella surreale, ironica, folle. Anche se di lui ho sempre amato anche l’altra, l’anima più malinconica, poetica. L’ho sempre ammirato molto per la sua attenzione ai più infelici della società. Diceva di essere un saltimbanco e con Giorgio Gallione ci siamo trovati su questo aspetto. È uno spettacolo un po’ circo un po’ teatro, con l’orecchio a quello che diceva lui: chi non ride non è una persona seria”.
Chi sono gli ultimi che oggi avrebbe amato il poeta? “Temo gli stessi – i barboni, le prostitute, i carcerati – perché sono cambiate tante cose dai tempi di Enzo Jannacci, ma quelle lì non cambiano purtroppo. Anzi, rispetto a quando ero piccolo oggi vedo molte più persone che dormono in strada, per esempio. Persone che non hanno una casa, costrette ad arrangiarsi. Nella mia Milano, ma anche a Roma dove spesso lavoro, e in tutte le città del mondo in realtà, la povertà è aumentata”.