“Il diritto dell’Unione osta a che uno Stato membro dichiari automaticamente inammissibile una domanda di protezione internazionale nel caso in cui il suo autore sia già beneficiario dello status di rifugiato concesso in un altro Stato membro”. Lo sostiene l’avvocato generale della Corte di Giustizia Ue, Priit Pikamäe, nelle sue conclusioni su una causa riguardante un cittadino siriano, che dopo aver ottenuto lo status di rifugiato in Austria si è recato in Belgio presentando una nuova domanda di protezione internazionale. Il cittadino siriano ha raggiunto in Belgio le sue due figlie, una delle quali minorenne, detentrici dello status di protezione sussidiaria. La domanda è stata, però, dichiarata inammissibile dai giudici belgi, dato il precedente riconoscimento dello status di rifugiato nel primo Stato membro (Austria), e secondo la normativa belga risultante dal recepimento della direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013, sulle procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale. La decisione sull’inammissibilità, senza esame di merito, è stata quindi impugnata dal cittadino siriano dinanzi ai giudici belgi (Consiglio per il contenzioso degli stranieri) e, successivamente, dinanzi al Consiglio di Stato belga, quest’ultimo ha chiesto alla Corte di Giustizia Ue di pronunciarsi sul caso. Nelle sue conclusioni sulla causa, l’avvocato generale della Corte di Giustizia Ue sostiene: “Il diritto fondamentale al rispetto della vita familiare, valutato in correlazione con l’obbligo di prendere in considerazione l’interesse superiore del minore, può giustificare l’ammissibilità e l’esame nel merito di una siffatta domanda”.