Le Chiese in Pakistan hanno rafforzato la propria sicurezza in risposta alla minaccia di attacchi terroristici dopo il ritorno al potere dei talebani nel vicino Afghanistan. In una riunione dei leader cattolici e protestanti, gli esponenti del clero hanno deciso di intensificare la sorveglianza e di potenziare la protezione armata, soprattutto durante le funzioni domenicali. La misura arriva in seguito alla paura che la conquista dell’Afghanistan da parte dei talebani possa scatenare attacchi estremistici contro le comunità cristiane e le altre minoranze religiose. Lo rende noto oggi la Fondazione Aiuto alla Chiesa che soffre (Acs) che riporta le parole di Sajid Christopher, attivista pakistano per i diritti umani e amministratore delegato della Human Friends Organisation, per il quale “è possibile che il gruppo Tehreek-e-Taliban Pakistan (Ttp), associato ai talebani, e altre organizzazioni terroristiche possano approfittare degli eventi in Afghanistan e prendere di mira le minoranze religiose, compresi i cristiani”. Christopher ha affermato ad Acs che “durante la prima presa di potere dei talebani, si sono verificati molti attacchi terroristici in Pakistan da parte di organizzazioni estremiste che prendevano di mira chiese e altre istituzioni cristiane, diventati nuovamente obiettivi sensibili. Ora i talebani sono tornati, ciò rafforzerà il Ttp e altri gruppi islamisti con conseguente possibilità di nuovi attacchi”. Basandosi sul protocollo di sicurezza già in vigore, le misure di protezione più severe includono una maggiore attenzione al controllo dell’identità di chi accede in auto nei complessi ecclesiastici, metal detector usati per le persone all’ingresso dei luoghi di culto nonché una presenza armata potenziata davanti alle chiese. Per Christopher anche le prospettive di sicurezza per i musulmani più moderati sono preoccupanti; e ha sottolineato: “Tra le comunità musulmane pacifiche e progressiste ci sarà anche paura, ma gli estremisti sono felici che i talebani siano di nuovo al potere”.
“Le sue osservazioni – aggiunge Alessandro Monteduro, direttore di Acs-Italia – arrivano in un momento di paura per la sicurezza di ciò che resta della comunità cristiana dell’Afghanistan, per coloro che non hanno potuto far parte dell’evacuazione di massa della scorsa settimana, persone più a rischio, principalmente gruppi non indigeni. I combattenti talebani sono presumibilmente andati di casa in casa per rintracciare i cristiani e gli appartenenti alle altre minoranze e ci sono stati casi di persone a cui è stato ordinato di consegnare i loro telefoni con la minaccia di essere uccisi sul posto se nei loro dispositivi fossero stati trovati versetti della Bibbia o materiale devozionale”. All’inizio di questa settimana, l’ex ambasciatore americano per la libertà religiosa Sam Brownback ha messo in guardia sul rischio di genocidio di cristiani e altre minoranze in Afghanistan. Ha ribadito: “È una situazione catastrofica che potrebbe facilmente degenerare nel genocidio”.