“Credo che sia necessario rifuggire da troppo facili semplificazioni che portano solo a posizioni ideologiche, dimenticando la persona malata o morente. Lasciarsi portare solo da slogan o propaganda studiati per sollecitare l’emotività non porta mai nulla di buono”. Così il vescovo di San Benedetto del Tronto-Ripatransone-Montalto, mons. Carlo Bresciani, in una nota relativa alla richiesta di referendum sull’eutanasia rilanciata dal giornale diocesano “L’Ancora online”.
“Il dibattito intorno alla possibilità di fare una legge che disciplini la richiesta di morte, cioè che introduca l’eutanasia, almeno in alcuni casi, ritorna oggi con frequenza. Si invoca anche un referendum per costringere il Parlamento italiano ad emanarla”, sottolinea il vescovo secondo cui “bisogna riconoscere che il dibattito è collegato in un certo qual modo al quel progresso tecnico medico-scientifico che permette il prolungamento della malattia, rendendola cronica o rallentandone fortemente il suo progredire verso la morte, senza poter dare la guarigione”. “È indubbio – prosegue – che in tal modo si aumenta il periodo di sofferenza della persona causato dalla malattia, rendendolo più gravoso, sia dal punto di vista fisico, sia dal punto di vista psicologico. Non poche, inoltre, sono le ripercussioni dal punto di vista assistenziale sia per i parenti sia per il sistema sanitario”. Ma “la persona malata con i suoi bisogni e con il carico di sofferenza che la malattia gli impone deve rimanere sempre al centro di ogni preoccupazione”, ammonisce, ricordando che “essa non è solo un corpo malato, ma una persona malata, con bisogni che richiedono l’intervento del medico, ma non solo del medico, proprio perché non si tratta solo di un corpo malato, ma di una persona che soffre”.
Bresciani ricorda la necessità di “un approccio che si faccia cura di tutta la persona e di tutte le sofferenze che la malattia impone, a partire dal dolore fisico che impedisce attività e relazioni”. E sottolinea l’importanza delle cure palliative: “È necessario renderle accessibili a tutte le persone che ne avessero bisogno”. “Non è accettabile una legge che stabilisse il dovere di dare la morte su richiesta, senza una valutazione delle concrete condizioni di malattia del paziente dal punto di vista clinico”, evidenzia mons. Bresciani, precisando che “non si può imporre a nessuno per legge di dare la morte ad altri anche se richiesta da questi; la stessa professione medica ne verrebbe stravolta” e che “non si può accettare che si possa disporre autonomamente della propria vita in quanto essa ha un insuperabile legame sociale”. “La vita – conclude – è un dono ricevuto da Dio, non ce la siamo data da soli. Di essa siamo, quindi, responsabili di fronte a Dio che ce l’ha donata, ma anche di fronte a coloro dai quali siamo stati aiutati a vivere e che a nostra volta dobbiamo aiutare a vivere, anche nei momenti difficili che la vita riserva ad ognuno”. “Per questo non è eticamente accettabile dare o darsi la morte, neppure nella malattia più grave. È invece doveroso togliere ogni dolore con tutti i mezzi disponibili”.