Australia: mons. Van Nguyen (vescovi) su accordo Aukus, “cosa si potrebbe fare con questo denaro per combattere la povertà?

“I governi hanno il dovere di tutelare la difesa del proprio popolo, ma come lo fanno, e quanto spendono, è una questione su cui l’intera comunità dovrebbe riflettere”. Sulla decisione del governo australiano di acquistare sottomarini a propulsione nucleare dal Regno Unito o dagli Stati Uniti interviene con una nota scritta mons. Vincent Long Van Nguyen, vescovo cattolico della diocesi di Parramatta e presidente della Commissione episcopale per la giustizia sociale, la missione e il servizio della Conferenza episcopale australiana. Nella sua riflessione, mons. Van Nguyen pone una serie di interrogativi: “Cosa si potrebbe fare con questo denaro per combattere la povertà e la crescente disuguaglianza in Australia e nel mondo? Questo piano renderà noi, il nostro Paese, la nostra regione e il nostro pianeta più sicuri?”. Il governo ha abbandonato un piano da 90 miliardi di dollari per i sottomarini francesi a favore di imbarcazioni più costose provenienti dal Regno Unito o dagli Stati Uniti. “Il nuovo accordo sui sottomarini – osserva il vescovo – prevede il costo aggiuntivo di risarcire il costruttore francese Naval Group per aver infranto un contratto esistente”. Mons. Van Nguyen fa notare come i nuovi costi militari giungono in un tempo di pandemia che ha portato a livelli storici la spesa pubblica che le generazioni future dovranno rimborsare. Oltre ai danni economici, il nuovo accordo ha causato nell’area nuove tensioni: “I nostri vicini nella regione dell’Asia Pacifico sono comprensibilmente turbati dall’alleanza Aukus. Data la storia della regione e le crescenti tensioni nel Mar Cinese meridionale, difficilmente si può biasimarli per il nervosismo causato dall’intensificazione della cooperazione militare tra l’Australia e altri Paesi di origine anglofona. Non vogliono essere coinvolti in una nuova guerra fredda”. “Se vogliamo vivere in pace con i nostri vicini più prossimi e con vecchi e nuovi poteri, aumentare la nostra capacità di attacco militare non è la risposta”.

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