“Incrementare da subito le risorse per il Servizio di assistenza domiciliare erogato dai Comuni – stanziando con la prossima legge di Bilancio le risorse aggiuntive necessarie – ed utilizzare i nuovi fondi a disposizione dell’Assistenza domiciliare integrata delle Asl per costruire risposte diverse dal passato per gli anziani non autosufficienti e le loro famiglie”. Sono le proposte contenute nel Piano nazionale di domiciliarità integrata che le numerose organizzazioni del “Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza” invieranno al Governo. “Costruiamo un vero e proprio Piano nazionale di domiciliarità integrata per gli anziani non autosufficienti che attraverso tre azioni politiche e gli opportuni investimenti – a cominciare appunto dal Sad – ribalti la prospettiva e possa da subito fornire risposte agli anziani non autosufficienti e alle loro famiglie, senza dover aspettare la riforma complessiva prevista dal Pnrr tra il 2023 e il 2024”, dichiarano le organizzazioni promotrici, tra cui figurano, tra le altre, Caritas italiana, Federazione Alzheimer Italia; Fimmg, Uneba. Tre le azioni previste dal Piano. Innanzitutto, occorre “superare le separazioni, a livello nazionale e locale. A livello nazionale costituendo presso i ministeri della Salute e del Welfare un’unica cabina di regia nazionale che programmi investimenti ed utilizzo degli stessi. A livello locale, attraverso la stipula nel 2022 di accordi quadro fra Comuni e Asl per affrontare insieme gli interventi da mettere in atto per gli anziani non autosufficienti e le loro famiglie”. In secondo luogo, serve “disegnare l’assistenza domiciliare integrata a partire dalle persone e non dalle prestazioni. L’Adi è il servizio domiciliare prevalente. La ricevono il 6,2% degli anziani e la spesa annuale è di 1,3 miliardi. Nei prossimi anni, i fondi cresceranno notevolmente (+578 milioni nel 2022 a salire sino a +1,6 miliardi nel 2026). Per utilizzarli al meglio, però, bisogna cambiare l’Adi. Il Piano domiciliarità prevede nel 2022 un atto nazionale che ridisegni l’Adi, a partire dalle effettive condizioni degli anziani, e incrementi l’intensità degli interventi, cioè il numero di visite domiciliari per utente e la loro durata nel tempo (differenziandole in base alle specifiche situazioni)”.
Infine, bisogna “incrementare i fondi del Servizio di assistenza domiciliare dei Comuni. Il Sad copre solo l’1,3% degli anziani, la sua spesa pubblica annuale ammonta a 302 milioni e non è previsto alcun incremento significativo di risorse (nel 2026, ogni 100 euro per l’Adi se ne spenderanno 11 per il Sad)”.
Il Piano prevede, nella legge di Bilancio 2022, “un nuovo finanziamento dedicato al Sad: +302 milioni di euro nel 2022, +373 nel 2023 e +468 nel 2024. L’utenza, il prossimo anno, raddoppierebbe rispetto ad oggi, per poi continuare a crescere progressivamente: 2,6% degli anziani nel 2022, 2,9% nel 2023 e 3,3% nel 2024. Il finanziamento sarebbe legato al riconoscimento del Sad come livello essenziale delle prestazioni, in modo da strutturarne la presenza nei territori in modo stabile. Si assicurerebbe così uno standard percentuale minimo di anziani da raggiungere in tutto il Paese e si garantirebbe alle Regioni che già lo rispettano risorse per incrementare ulteriormente l’offerta”.