“Interrompere una vita umana – sia all’inizio, che durante, che alla fine – è sempre un gravissimo problema, e la Pontificia Accademia per la vita vuole combattere questa battaglia a tutto campo. A noi interessa tutta la vita umana, che va difesa sempre”. Così mons. Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia Accademia per la vita, ha risposto alle domande dei giornalisti sull’aborto, durante la conferenza stampa di presentazione della plenaria della Pav, in corso fino al 29 settembre. “C’è un problema che il Papa ieri ha sottolineato”, ha proseguito Paglia: “Quella cultura dello scarto che sta coinvolgendo l’intera esistenza dell’uomo: lo scarto di coloro che non vogliamo che nascono, lo scarto degli anziani – il Papa ha parlato di eutanasia nascosta – di migliaia e migliaia di anziani abbandonati, alcuni anche uccisi perché l’eredità fa gola. C’è il tema dell’eutanasia, dello scarto di chi pesa e non produce, c’è lo scarto dei disabili e dei bambini. E poi c’è la disattenzione alle malattie e il disagio dei Paesi più poveri, che non vengono considerati. Il Papa ha individuato una delle ferite più gravi della cultura contemporanea: la tendenza a scartare tutto ciò che non conta. Se poi è di peso economicamente, la tendenza allo scarto è ancora più normale. L’abitudine ottunde la coscienza e la cultura e porta ad un arretramento culturale ed esistenziale, a non prendersi in carico la vita di tutti dall’inizio alla fine”. Interpellato sui responsi favorevoli all’aborto che giungono dal referendum di San Marino o dagli Usa, Paglia ha commentato: “Ieri il Papa sottolineava la gravità del fatto che decisioni come queste siano diventate normali. Io non credo che per le donne l’aborto sia normale, è sempre una tragedia, e questo va compreso”. La voce della Chiesa viene ascoltata? “L’ascolto della Chiesa è un problema molto, molto serio”, ha risposto Paglia: “C’è un grande problema per la Chiesa di trovare un linguaggio che possa essere compreso. Paolo VI, quando parlò degli scopi del Vaticano II, disse con estrema nettezza: il Concilio deve proporre il Vangelo di sempre agli uomini del ventesimo secolo perché lo comprendano. Questo grande sforzo sentiamo come Pav di doverlo compiere”.