“Ancora una volta” il vescovo di Acerra, mons. Antonio Di Donna, è “costretto” a scrivere alla Regione per “ribadire lo smarrimento della popolazione di Acerra” di fronte al “progetto dell’ennesimo impianto di trattamento dei rifiuti su un territorio per il quale da decenni è stato dichiarato il disastro ambientale”. Mons. Di Donna ha inviato una lettera alla direzione delle “Autorizzazioni ambientali e rifiuti” della Giunta regionale della Campania in vista della Conferenza dei servizi convocata per il 30 settembre sulla valutazione ed eventuale approvazione della richiesta di rilascio dell’autorizzazione unica per la costruzione e l’esercizio dell’impianto di trattamento di rifiuti speciali: 50 tonnellate al giorno da smaltire e stoccare in località Calabricito nel Comune di Acerra.
Auspicando “che venga scongiurato questo accanimento”, per il vescovo di Acerra “è sconcertante la ciclicità con la quale il nostro territorio diventa suolo appetibile per la realizzazione di impianti di smaltimento e stoccaggio di rifiuti”. Addirittura nel caso specifico, sottolinea mons. Di Donna, “l’impianto in discussione il prossimo 30 settembre sorgerebbe in una zona che, già di per se stessa, è inquinata e bisognosa di bonifica e, soprattutto, vicina alle sorgenti del Riullo e di notevole interesse paesaggistico e archeologico. In più, a due passi dall’inceneritore. Per non dire che l’impianto in questione si aggiungerebbe ad altri impianti che solo poche mesi fa hanno destato forti preoccupazioni tra la gente di Acerra e dei comuni circostanti”.
Perciò la ripetuta denuncia del vescovo: “È chiaro il disegno di fare del nostro territorio il polo dell’immondizia e dei rifiuti pericolosi e non pericolosi della regione e forse oltre; e di fare delle nostre terre, soprattutto Acerra, una città di scarto. E tutto questo ‘sulla testa dei cittadini’, ignorando quanto chiesto da Papa Francesco al numero 183 della lettera enciclica Laudato si’: ‘Nel dibattito devono avere un posto privilegiato gli abitanti del luogo, i quali si interrogano su ciò che vogliono per sé e per i propri figli, e possono tenere in considerazione le finalità che trascendono l’interesse economico immediato’. Ed eludendo sistematicamente quel ‘principio di precauzione’ – invocato ancora dal Pontefice al numero 186 dello stesso documento – che ‘permette la protezione dei più deboli, che dispongono di pochi mezzi per difendersi e per procurare prove irrefutabili’”.