“I musei devono tornare ad essere crocevia di dialogo”; devono “spalancare il proprio portale sulla piazza”. Lo ha detto oggi il card. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della cultura, nel suo saluto in apertura del convegno internazionale “I musei ecclesiastici testimoni di futuro”, promosso a Roma fino a domani dall’Ufficio nazionale per i beni culturali ecclesiastici e l’edilizia di culto della Cei, dal suddetto Dicastero vaticano, dalla Pontificia Università Gregoriana e dall’Amei-Associazione musei ecclesiastici italiani, in collaborazione con l’Ambasciata d’Italia presso la Santa Sede che ne ha ospitato la prima giornata. Partendo dalla propria lunga esperienza in qualità di prefetto della Biblioteca e della Pinacoteca ambrosiana, il cardinale ha anzitutto invitato alla “interazione tra i beni culturali” creando una sorta di “arcobaleno multicolore”.
“Tutti i musei – ha aggiunto – vivono sempre tra due poli: la tutela e la fruizione. La tutela è il passato, la nostra grande eredità che deve essere custodita, e sappiamo quanto sia complesso il sistema delle questioni collegate alla tutela”. Per quanto riguarda la fruizione, ha fatto notare, essa “oggi ha una declinazione completamente nuova”. Basti pensare “a tutto l’orizzonte dell’infosfera in cui siamo immersi, alla dimensione del digitale che consente ai musei di mettersi in rete”, ma anche alla varietà dei servizi che i musei oggi offrono al pubblico.
Secondo Ravasi, inoltre, “i musei devono essere vitali e tornare, come anche le altre istituzioni culturali, ad essere dei crocevia di dialogo. Il portale che custodisce i tesori deve essere spalancato sulla società, sulla piazza, sulla cultura e sulle loro istanze”, la terza indicazione del porporato. Di qui l’importanza degli incontri organizzati al loro interno e delle iniziative didattiche, “a livello accademico ma anche a livello dei bambini”. E “su questo si fa molto”. Capitolo allestimento: “È importante tener conto degli orizzonti, delle aureole che devono circondare le opere esposte”. Strategica, nonostante la sua “grammatica completamente diversa”, l’apertura all’arte contemporanea. “Sono convinto – ha concluso il card. Ravasi – che i musei ecclesiastici debbano diventare anche luoghi di catechesi e di kerygma per coloro che non conoscono quasi nulla, o poco, del messaggio spirituale che noi offriamo. Luoghi di cultura in senso pieno, ma anche luoghi di pastorale”.