Il Consiglio indigeno missionario (Cimi), espressione della Chiesa brasiliana, in una nota diffusa ieri esprime “il suo ‘rammarico’ per le affermazioni, definite ‘menzogne’ nella nota, fatte dal presidente della Repubblica Jair Bolsonaro in apertura dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, in corso a New York. Nel suo discorso di martedì, Bolsonaro, secondo il Cimi, ha messo in luce “una realtà parallela, esistente solo nella narrativa creata dal presidente e dal suo Governo”.
In particolare, per quanto riguarda la questione indigena, “il Presidente afferma che circa 600.000 indigeni vivrebbero in piena libertà sulla loro terra, che gli indigeni aspirerebbero a vivere di agricoltura e che l’80% degli indigeni sarebbe già vaccinato in Brasile. Tutto questo non corrisponde al vero”.
“La realtà vissuta dai popoli indigeni in Brasile, nei confronti dell’attuale Governo, è conflittuale e di violenza – si legge nella nota -. Il presidente Jair Bolsonaro ha già promesso in campagna elettorale che, se eletto, non avrebbe delimitato un pollice di terra indigena; dal 2018, infatti, nessuna terra indigena è stata regolarizzata. Il dialogo con i popoli e le loro organizzazioni è stato negato sulla base di una visione di integrazione forzata e preconcetta, che nega l’identità e l’autonomia dei popoli indigeni in Brasile”.
Il fatto che “ci siano 829 terre indigene in Brasile con controversie amministrative, 536 delle quali senza alcuna azione da parte dello Stato per avviare il processo di demarcazione, smentisce l’affermazione che i popoli indigeni vivrebbero nelle loro terre in libertà. Al contrario, le azioni di questo Governo sono tutte volte a rendere irrealizzabile o ridurre il diritto alla demarcazione e all’usufrutto esclusivo dei popoli indigeni delle loro terre tradizionalmente occupate”. Il bilancio del Funai, lente governativo che ha competenza sulle questioni indigene, è stato ridotto e la sua guida è passata ai sostenitori del settore agroalimentare”.
Ribadisce, ancora, il Cimi: “Sottolineiamo che il Presidente della Repubblica, quando cita l’espansione dell’agricoltura nelle terre indigene, si riferisce in realtà al modello predatorio dell’agrobusiness, basato sulla monocultura e sull’uso intensivo di sostanze tossiche. La vera intenzione del Governo è che le popolazioni indigene concedano le loro terre per l’avanzata dell’agrobusiness”. La nota si conclude con un appello: “Chiediamo alla comunità nazionale e internazionale di continuare a sostenere la lotta per la realizzazione dei diritti dei popoli indigeni, assieme alla possibilità di avere un ambiente più sano ed equilibrato”.