“Non facciamoci voce degli altri, spingiamo, piuttosto gli altri ad avere una voce. Questi sono, e devono essere, il desiderio e il bisogno della nostra Chiesa diocesana per un percorso sinodale veramente autentico”. Così Mons. Francesco Savino, vescovo della diocesi di Cassano All’Jonio, nelle conclusioni della VII assemblea diocesana, il cui filo conduttore è stato: “Una Chiesa sinodale come?”. “Il sinodo – ha evidenziato il presule – deve individuare nuovi percorsi di evangelizzazione che rendano credibile e affidabile la Chiesa nel terzo millennio”. Per mons Savino, “la fede cristiana potrà di nuovo divampare come fuoco, essere attrattiva e dare una nuova forma del vivere la Chiesa, solo da un nuovo inizio”. Ha poi indicato in ambito sociale, alcuni possibili linee di discussione che potranno catalizzare l’attenzione del sinodo: “l’annuncio del Vangelo in un contesto segnato dalla ‘Ndrangheta e libertà della Chiesa da mentalità, prassi e relazioni influenzate dalle mafie; la testimonianza e l’impegno per la difesa del Creato, Casa comune da custodire e proteggere: quali relazioni promuovere verso i migranti e i rifugiati; come custodire e promuovere il valore della famiglia e l’alleanza tra le generazioni”. In ambito intraecclesiale: “rinnovare la coscienza della ministerialità di tutti i battezzati e la promozione di alcuni nuovi ministeri; la famiglia come soggetto di missione, nella parrocchia e nella diocesi; valutare la crisi della pastorale delle famiglie: come puntare al coinvolgimento dei giovani, e alla loro maturazione umana e spirituale; verifica e ripensamento dei percorsi di catechesi, in particolare quelli dell’iniziazione cristiana; alcune consuetudini eventualmente da rinnovare e condividere con le chiese locali vicine: opportunità del ruolo dei padrini, purificazione di alcune prassi legate alle religiosità popolare”. Sarà compito dell’equipe sinodale – ha spiegato il vescovo Savino -, definire gli strumenti adeguati per non mancare tale obiettivo. Un caso concreto su tutti come esempio: le questioni relative al “fine vita”, in ascolto, oltre che del Vescovo, dei presbiteri, dei religiosi e dei contributi dei teologi, anche dei medici cattolici, del personale infermieristico, di chi ha assistito alle persone nell’ultimo tratto delle loro vite. Un’altra delle questioni indicata anche quella dell’apporto specifico delle donne alla vita della Chiesa diocesana. In tale percorso s’inserisce la formazione dei credenti alla politica, nel senso più alto della parola, come attività con cui attribuire al bene della collettività, già lanciata in diocesi con il progetto “Aretè”, una scuola permanente di formazione alla cittadinanza responsabile.