Nella consapevolezza che “la lampada per illuminare i nostri passi è la Parola di Dio”, l’arcivescovo di Milano, mons. Mario Delpini, propone nella lettera pastorale diffusa oggi l’ascolto e la meditazione dei capitoli 13-17 del Vangelo di Giovanni, pagine in cui Gesù dialoga con i discepoli prima della Passione, un “invito a percorrere la via dell’amicizia” in cui chi segue Gesù “sperimenta che la fede è un rapporto personale con lui: in questo rapporto il comandamento e la verità si rivelano come il dimorare del tralcio nella vite, piuttosto che come l’indicazione di adempimenti e la consegna di una dottrina”. Alla illustrazione dei molteplici significati di questi capitoli del Vangelo è dedicata un’appendice a cura di don Isacco Pagani, pro rettore del Seminario di Venegono. Nella parte centrale della Proposta pastorale mons. Delpini approfondisce i significati dei tre aggettivi indicati nel titolo: che cosa significa essere una Chiesa unita, libera e lieta, e che cosa implica accogliere o tradire questa responsabilità? Della chiamata all’unità l’arcivescovo sottolinea soprattutto gli aspetti della reciprocità e della coralità. “Non siamo ingenui – avverte -: le tentazioni di protagonismo, di rivalità, di invidia, di scarsa stima vicendevole sono sempre presenti e seducenti. […] In questo esercizio, per certi versi inedito di comunione, di ‘pluriformità nell’unità’ possiamo essere aiutati da quella singolare forma di scuola cristiana che è l’ecumenismo di popolo a cui siamo chiamati in questi anni. Sono ormai diverse le parrocchie della nostra diocesi che ospitano nei loro edifici una realtà ecclesiale (perlopiù parrocchie ortodosse, ma anche comunità protestanti e pentecostali)”; l’invito è a “non limitare la nostra disponibilità a una semplice e formale condivisione di spazi, ma a intrecciare forme di dialogo e sostegno reciproco”.
In questo capitolo della proposta pastorale Delpini illustra anche il percorso che la diocesi intraprende in questo anno, ovvero la nascita delle Assemblee sinodali decanali: “Questo processo non intende sovraccaricare i sacerdoti di ulteriori compiti, ma provocare tutte le vocazioni (laici, consacrati, diaconi e preti) ad assumere la responsabilità di dare volto a un organismo che non deve ‘guardare dentro’ la comunità cristiana; piuttosto deve guardare al mondo del vivere quotidiano dove i laici e i consacrati hanno la missione di vivere il Vangelo”.
“La Chiesa è libera – scrive Delpini nel capitolo su questo secondo aggettivo – quando accoglie il dono del Figlio di Dio; è lui che ci fa liberi davvero; liberi dalla compiacenza verso il mondo, liberi dalla ricerca di un consenso che ci rende inautentici; liberi di vivere il Vangelo in ogni circostanza della vita, anche avversa o difficile; Chiesa libera di promuovere la fraternità universale, Chiesa libera di vivere e annunciare il Vangelo della famiglia”.
Nella parte dedicata alla “Chiesa lieta”, in cui si richiamano alcuni punti fondamentali del pensiero di Papa Francesco sulla gioia, il pastore della diocesi ambrosiana sottolinea che “è riduttivo definire la gioia come esperienza individuale. La festa è l’espressione comunitaria della gioia condivisa tra le persone”. E con riferimento più diretto alla vita delle comunità cristiane scrive: “È necessario che, attraverso la cura delle celebrazioni, si creino le condizioni perché si esprima la gioia frutto dello Spirito. Le celebrazioni tristi, grigie, noiose sono forse il segno di comunità tristi, grigie, noiose”. “La gioia cristiana – conclude mons. Delpini – non è un’emozione ma più profondamente un habitus che dona energie spendibili nella vita di ogni giorno, a livello individuale, familiare e sociale”.