Sono due le famiglie di profughi afghani ospitate nel senigalliese dopo essere fuggite dal Paese a seguito della presa del potere da parte dei talebani. A raccontare la loro storia è il settimanale diocesano “La Voce misena”. Si tratta di due nuclei familiari composti da 4 e 6 persone, genitori con bimbi piccoli, che fanno parte dei quei 60 individui assegnati dalla prefettura alla provincia di Ancona. Dopo lo sbarco a Roma e il periodo di quarantena obbligatorio, le due famiglie sono arrivate giovedì 9 settembre negli appartamenti messi a disposizione a Senigallia dalla Caritas, ente gestore del Sistema di accoglienza e integrazione “Sai” (ex Sprar), in capo all’unione dei Comuni “Le Terre della Marca Senone”. Entrambi i nuclei fanno parte di quella rete di collaboratori che ha dato una mano al contingente italiano in Afghanistan durante questi lunghi anni di missione, partita inizialmente come risposta agli attacchi terroristici dell’11 settembre di cui è stato celebrato pochi giorni fa il ventennale.
“Dopo una prima fase emergenziale legata quindi all’accoglienza e allo svolgimento delle pratiche burocratiche – ha spiegato al settimanale diocesano il direttore della Caritas, Giovanni Bomprezzi – le due famiglie verranno inserite in un percorso di orientamento, di conoscenza della lingua italiana, integrazione scolastica, socialità e inserimento lavorativo”. “Solo allora – ha aggiunto Bomprezzi – potremo sapere qualcosa di più di queste famiglie che hanno dovuto lasciare affetti e beni per potersi rifugiare in Italia. Una aveva già un parente a Senigallia e questo ha ovviamente reso tutto più semplice per quanto sia drammatico il contesto. Immaginiamo solo quali ripercussioni possano aver subito prima di trovare rifugio in Italia”.
Nella giornata di domani, giovedì 16 settembre, si terrà l’incontro con Daniele Albanese, dell’Ufficio politiche migratorie e protezione internazionale di Caritas italiana, nel corso del quale verrà presentata la testimonianza di alcune famiglie afgane che vivono a Senigallia, tra cui vi è anche un nucleo a cui i talebani hanno arrestato un parente.