“Il contrario della pandemia, male universale, è la fraternità universale”. Sintetizza così il cardinale Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna, le conclusioni della tre giorni di incontro e lavoro a Bologna dove si è svolto alla presenza di leader religiosi, ambasciatori, uomini di cultura e rappresentanti politici, si è svolto il G20 Interfaith Forum dal titolo, “Time to Heal – Peace among cultures, understanding between religions”. “E’ questo il tempo di guarire, non farlo significa lasciare il mondo malato”, ha esordito l’arcivescovo, parlando davanti al premier Draghi. “Le fedi cercano le cose alte e possono aiutare a guardare meglio e lontano e quindi scegliere la direzione che è il bene per tutti”. La “fraternità” è la parola-chiave. “Le pandemie – ha argomentato Zuppi – si diffondono e colpiscono con maggiore forza se i muri sono tanti e alti e i ponti pochi e fragili. La consapevolezza è che la ferita dell’uno si rimargina se curiamo quella dell’altro. La strada percorsa è quella del dialogo tra le fedi, per combattere ogni seme di intolleranza che tante ferite provoca”. Dai lavori di Bologna e alla luce dell’attualità internazionale emerge che non bisogna mai abbassare la guardia. Occorre “guarire il mondo da ogni seme, sempre fertile, di ignoranza, intolleranza, vecchi e nuovi razzismi, scegliendo la via dell’incontro, dell’educazione per combattere l’analfabetismo religioso”. La strada – ricorda l’arcivescovo – è quella coraggiosa dello Spirito di Assisi, incontro profetico voluto da San Giovanni Paolo II per combattere la pandemia della guerra e conseguire la pace. “Quanto però c’è ancora da fare perché questa diventi cultura e incontro tra popoli e persone”. In questi giorni a Bologna, esperti, leader religiosi si sono confrontanti sulle grandi sfide e i grandi mali che attraversano l’umanità e si sono tracciate direzioni e formulate proposte. “Umilmente ma fermamente – ha detto il cardinale – desideriamo offrire queste riflessioni a quanti devono e possono decidere le soluzioni comuni a vantaggio di tutti”. “Non vogliamo che la fraternità sia tutt’al più un’espressione romantica ma una prassi di impegno comune”.