“Occorre operare un severo discernimento per uscire dalle confuse nebbie del tempo e assumere lo sguardo contemplativo che permette di scoprire in Cristo e nella sua Croce ciò che veramente conta. Occorre maturare nel nostro cuore uno sguardo contemplativo per cogliere la verità capace di illuminare in modo decisivo la nostra vita, facendo giustizia delle variabili opinioni che vorrebbero di volta in volta conquistarci”. Lo ha affermato questa sera l’arcivescovo di Firenze, il card. Giuseppe Betori, nell’omelia pronunciata in occasione della festa dell’Esaltazione della Santa Croce.
“Ma questo – ha osservato – è anche il giorno in cui ricordiamo il VII centenario della morte di Dante Alighieri, che se per molti nella sua Divina Commedia sembrerebbe non dare adeguato spazio alla teologia della Croce – è noto il giudizio di uno dei più autorevoli teologi del secolo scorso, Han Urs von Batlhasar, che a Dante ha pur dedicato molte pagine del II volume del suo capolavoro Gloria: ‘La croce reale di Cristo non si incontra mai nella Divina Commedia’ – in realtà sembra piuttosto che Dante non si ponga davanti alla Croce come luogo della sofferenza di Cristo di cui rendersi partecipi, ma piuttosto come strumento di redenzione da cui viene a noi il dono della grazia”. “In particolare – ha proseguito – Dante sembra non mostrare tracce di quel movimento di partecipazione alle sofferenze del Crocifisso che animava la devozione del suo tempo, non manca però di esaltare la centralità della Croce come strumento di salvezza: nella Croce la morte è sconfitta”. “Se dunque nella Commedia non incontriamo una descrizione dell’evento della Passione, pur non mancandone più volte l’eco, in essa troviamo però il chiaro riconoscimento del valore salvifico della Croce di Cristo”, ha aggiunto Betori, che ha citato brani tratti dai Canti del Paradiso. “Il discepolo di Gesù – ha ammonito il cardinale – deve disporsi a condividere la logica di dono d’amore e di umiltà che ha condotto il suo Signore sulla Croce. Non può non farsi carico delle croci che pesano sulle spalle di tanti uomini e donne nel mondo, riconoscendo nel loro volto il volto del Redentore. Non può non percorrere la strada della spogliazione di sé, rinunciando alle illusioni dell’affermazione di sé e dell’autodeterminazione svincolata da ogni responsabilità, per scoprire invece la strada della vera libertà”. “In questo cammino – la convinzione di Betori – ci illumina il poema dantesco, perché quello di Dante, come ci ha ricordato Papa Francesco, ‘è un messaggio che può e deve renderci pienamente consapevoli di ciò che siamo e di ciò che viviamo giorno per giorno nella tensione interiore e continua verso la felicità, verso la pienezza dell’esistenza, verso la patria ultima dove saremo in piena comunione con Dio, Amore infinito ed eterno’ (Candor lucis aeternae, 9)”.