“Il vostro Paese, oggi, è attraversato da grandi cambiamenti che investono in generale l’Europa intera”. Lo ha detto il Papa a Budapest, nel discorso rivolto ai vescovi. “Il lungo tempo in cui è stato impedito di professare la fede, con l’avvento della libertà ci sono sfide nuove da affrontare, in un contesto in cui cresce il secolarismo e si affievolisce la sete di Dio”, ha proseguito Francesco, raccomandando le “quattro vicinanze del vescovo”: “Vicinanza a Dio, vicinanza tra voi, vicinanza ai sacerdoti e vicinanza al santo popolo fedele di Dio”. “La Chiesa in Ungheria ha avuto recentemente modo di riflettere su come il passaggio dall’epoca della dittatura a quello di una ritrovata libertà sia una transizione segnata da contraddizioni”, l’analisi del Papa: “il degrado della vita morale, l’aumento della malavita, il commercio della droga, fino alla piaga del traffico di organi e a tanti fatti di bambini, assassinati per questo. Ci sono problemi sociali: le difficoltà delle famiglie, la povertà, le ferite che colpiscono il mondo giovanile, in un contesto nel quale la democrazia ha ancora bisogno di consolidarsi. La Chiesa non può che essere protagonista di vicinanza, dispensatrice di attenzione e consolazione per le persone, affinché non si lascino mai rubare la luce della speranza”. “È commovente ricordare quanto affermava il venerabile cardinale József Mindszenty, figlio e padre di questa Chiesa e di questa terra, il quale, alla fine di una vita colma di sofferenze a causa della persecuzione, ha lasciato queste parole di speranza: ‘Dio è giovane. Il futuro è suo. È Lui che evoca ciò che è nuovo, giovane e il domani negli individui e nei popoli. Perciò non possiamo abbandonarci alla disperazione’. Davanti alle crisi, sociali o ecclesiali, possiate sempre essere costruttori di speranza”.