“Il rischio rispetto ai nuovi mezzi di comunicazione è che la sintesi dei nuovi media ci porta a vivere il tempo degli slogan. Questo fa perdere la profondità degli argomenti che ci portano a capire che cosa stiamo vivendo”. Lo ha detto il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio, intervenendo oggi pomeriggio al festival della comunicazione a Terrasini, organizzato dall’arcidiocesi di Monreale e dall’associazione culturale “Così per passione”. Trovando similitudini tra Papa Francesco e Paolo VI, Tarquinio ha osservato come le parole di Bergoglio, in particolare, durante il picco della pandemia, fossero indirizzate anche ai non credenti. Poi, l’attenzione si è spostata sull’impegno dei media. “Abbiamo raccontato un passaggio di testimone nel volontariato italiano durante il picco della pandemia. Questo volontariato è testimonianza per fare vedere Cristo ai non credenti”. Citando la sua risposta a un lettore, Tarquinio ha osservato poi che “il virus anticristiano e antisolidale è l’autoreferenzialità”. “Con l’individualismo spinto al fatto che conta solo ‘quello che dico io’. Questo vale anche sui vaccini, come nel caso di chi, da credente, si professa contrario. Così da essere sovrapponibile a chi fa la battaglia da non credente in favore dell’eutanasia. Il cattolico cammina sulla terra per cambiare la terra”. Infine, Tarquinio ha rivelato un dato: “Pagnoncelli mi conferma che i lettori di Avvenire leggono il giornale tra i 45 e i 50 minuti. È una scelta. Cerco di fare, con i vecchi contenitori, un giornalismo con fatti che non hanno cittadinanza mediatica – ha detto -. Fare un giornale non è mettere in circolazione slogan o fare un’informazione selfie, cercando le notizie selezionate che confermano le opinioni che si hanno. In questo caso, non c’è quell’esercizio di mettersi in discussione cercando la verità dentro i fatti. Se perdiamo lo strumento giornale, perdiamo la possibilità di capire quello che il pensiero dominante non mette all’attenzione del pubblico”.