L’obbligatorietà del green pass – da oggi anche su treni, traghetti, aerei; per il personale scolastico e per accedere all’università – “si correla al dato epidemiologico di quei 3 milioni e mezzo di ultra cinquantenni non ancora vaccinati, e alla realtà delle nostre terapie intensive, oggi popolate per lo più proprio da adulti non vaccinati. L’obbligo di vaccinazione, cui corrisponde l’obbligo del green pass, è uno strumento di tutela della salute individuale e della collettività”. Ad affermarlo in un’intervista al Sir è Patrizia Laurenti, direttore dell’Unità di Igiene ospedaliera e responsabile del Centro di vaccinazione del Policlinico Gemelli, secondo la quale, tuttavia, i requisiti per il rilascio del certificato verde andrebbero rivisti. “Il tampone negativo nelle 48 ore precedenti – spiega – è solo la fotografia di un istante; non ha senso come condizione per il conferimento del certificato. Il green pass dovrebbe essere rilasciato solo a chi è guarito dal Covid, perché l’infezione naturale conferisce comunque una buona protezione, su cui però è importante il rinforzo di una dose di vaccino, e a chi si è vaccinato”.
“In questi giorni – racconta la professoressa – stanno arrivando nel nostro Centro due categorie di persone: i giovani tra i 20 e i 29 anni, motivatissimi e che hanno superato in termini di copertura le fasce 30-39 e 40-49, e gli ‘arrabbiati’, adulti che si sentono ‘forzati’ alla vaccinazione perché la mancanza di green pass limiterebbe la loro libertà di movimenti. Tra questi ultimi anche soggetti allergici che hanno rinviato il più possibile il vaccino, quando invece avrebbero potuto riceverlo in tutta tranquillità con un’idonea premedicazione e valutazione allergologica”.