La prima domenica di agosto padre Pier Luigi Maccalli, missionario della Società delle Missioni Africane (Sma), si è recato in pellegrinaggio al santuario di Fatima per ringraziare la Madonna per la sua liberazione avvenuta l’ottobre dello scorso anno dopo quasi due anni di prigionia inflitti da un gruppo jihadista del Mali. “Ho un dovere di gratitudine verso Maria e, in particolare, verso la Madonna di Fatima perché la mia liberazione è avvenuta nella festa della Madonna del Rosario. Sono stato rilasciato l’8 ottobre 2020, ma la notte del 7 ottobre, festa del Rosario, mi è stato annunciato ‘Libération. C’est fini'”, ha detto padre Gigi in un colloquio con Aiuto alla Chiesa che Soffre, ricordando il caso di suor Gloria Narvaez Argoti, monaca colombiana rapita dai jihadisti e prigioniera da più di quattro anni. Il missionario si è detto preoccupato per la sua salute, avendo ricevuto notizie da un ex ostaggio, Sophie Pètronin, prigioniera assieme alla religiosa colombiana, anch’ella rilasciata l’8 ottobre 2020. “Sophie Pètronin, che è stata rilasciata con me, mi ha parlato di suor Gloria e del peggioramento della sua salute, del fatto che ora è sola. Ogni giorno prego per questa suora, per questa donna che da quattro anni e mezzo è ancora nelle mani dei suoi rapitori. Ho sofferto due anni di carcere ed è stato lungo. Lei ha su di sé più del doppio del tempo di prigionia”.
Padre Maccalli è tornato con la memoria al proprio sequestro: “Il momento più difficile credo sia stato quando mi hanno ammanettato. Ricordo la data: 5 ottobre 2018, dopo essere stato portato in moto attraverso il Burkina Faso. Quel giorno siamo arrivati in una grotta e lì mi hanno ammanettato a un albero. È stato un momento molto imbarazzante. Ho pianto. Ho gridato a Dio: ‘Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato'”. Secondo il religioso, i terroristi sono stati organizzati “perché – ha spiegato – quelli che mi hanno rapito erano giovani Fulani del vicino Burkina Faso. Dopo la mia cattura, il giorno dopo, li ho visti telefonare. Hanno sicuramente trasmesso i miei dati e hanno ricevuto l’ordine di portarmi in Mali. Quando ho chiesto loro dove mi stessero portando hanno detto: ‘Per gli arabi’. Per ‘arabi’ si intende una popolazione che vive in Mali. Infatti dopo il viaggio sono stato affidato a questi arabi che mi hanno portato in macchina nel deserto del Sahara. Un anno dopo mi hanno portato in un’altra zona dove ci sono i Tuareg. Nel primo video che hanno realizzato, il 28 ottobre, mi hanno costretto a dire che il primo gruppo che mi aveva rapito era il gruppo di sostegno all’Islam e ai musulmani. Questo gruppo dirige diverse organizzazioni legate ad al-Qaeda”.
“Sono convinto – ha aggiunto – che questo momento difficile per me, per la mia comunità e per le comunità in Africa che vivono in questo tempo di terrorismo porterà frutti di pace, frutti di libertà, frutti di nuova vita e forse nuova coscienza in tante comunità provate”.
Padre Maccalli attraverso Acs ha lanciato un appello a tutte le persone che si sono mobilitate per la sua liberazione: “Continuiamo a sostenere la Chiesa e le comunità che stanno vivendo momenti di calvario, di difficoltà”.