(da Fatima) “Siamo arrivati smarriti, affaticati, preoccupati e poi, dopo tre giorni, eccoci ritrovati, sollevati, ricolmi di speranza. Siamo pronti a ‘occuparci delle cose del Padre’. E torniamo a casa, nella nostra dimensione quotidiana, certi che senza Gesù non possiamo fare nulla”. Lo ha detto il vicario del Papa per la diocesi di Roma, il card. Angelo De Donatis, nell’omelia della messa che ha celebrato stamani a Fatima, a conclusione del pellegrinaggio diocesano.
Ricordando il 13 maggio di quaranta anni fa, quando Papa Giovanni Paolo II fu vittima dell’attentato in piazza San Pietro, il cardinale ha osservato che “forse abbiamo creduto che il Male volesse prendersi la rivincita, che il dono che ci era stato fatto con il Santo Padre potesse esserci stato tolto”. “Anche la terza parte del segreto di Fatima può sembrarci ad una prima lettura la fine disastrosa di una storia sempre dominata dal Male. Ma non è così. Maria dice a Lucia: ‘Il Mio cuore immacolato trionferà’”. Poi, il cardinale ha espresso la consapevolezza che “la fede e la preghiera sono potenze che possono influire nella storia”. “La preghiera è più forte dei proiettili, la fede è più potente delle divisioni”. Quindi, il suo pensiero a questo tempo di pandemia, a ciò che succede in Afghanistan, in Libano e in tante parti del mondo, ai morti e alle rovine dell’ultimo terremoto ad Haiti. “Il cuore si stringe e crediamo che tutto sia sottomesso al Male. Così succede anche nella vita di ciascuno di noi. A volte siamo tentati di vedere solo le cose che non vanno, di credere che non c’è via di scampo e di salvezza. Eppure, il Cuore immacolato trionferà”. Un trionfo che corrisponde a un “cuore che sa vedere”.
Infine, l’invito ai pellegrini a ripartire da Fatima “non solo con il desiderio di tornarci, ma con l’impegno di portare nella nostra quotidianità quanto abbiamo riscoperto: solo chi è pieno di Dio è felice, anche in mezzo alle prove del mondo e della propria storia”.