La Conferenza episcopale venezuelana (Cev), in una nota diffusa poco fa, esprime “fraterna solidarietà” alla popolazione di Mérida e in particolare della Valle del Mocotíes, colpita dei giorni scorsi dal maltempo, con un’alluvione e colate di fango che hanno distrutto numerose abitazioni e causato la morte di 15 persone. La memoria è andata al 2005, quando nella stessa valle persero la vita 500 persone, sempre a causa del maltempo. I vescovi sottolineano, da un lato, la sollecita generosità della Chiesa attraverso la Caritas e, dall’altro, l’atteggiamento di alcune autorità civili e della Guardia nazionale bolivariana. “Lungi dal cooperare disinteressatamente – la denuncia -, non solo hanno impedito l’accesso a gran parte degli aiuti inviati da varie parti del Paese, ma hanno avuto un atteggiamento di indifferenza e offesa nei confronti dei membri della Chiesa e di altre istituzioni. Dicono di aver ricevuto ordini dai superiori, che in ogni caso dovrebbero mostrare il loro volto”. Dalla Cev, anche a nome delle comunità interessate, arriva l’appello a “cambiare atteggiamento e mettersi al servizio delle istituzioni che stanno collaborando, in modo tale che le spedizioni di aiuti giungano presto a destinazione”. Inoltre, “chiediamo alle autorità nazionali, regionali e militari di agire non per interessi privati. Devono ricordare che sono al servizio di tutti i venezuelani, senza pregiudizi politici”.
La nota, che esprime vicinanza all’arcivescovo di Mérida, il card. Baltazar Porras, mette in evidenza la “risposta solidale sia della Chiesa cattolica sia di altre confessioni religiose e istituzioni civili, che senza attendere, praticamente nel momento stesso in cui si verificava l’alluvione che ha colpito tanti fratelli, ha generato espressioni di carità sconfinata. La Caritas nazionale, in particolare, con la collaborazione delle Caritas diocesane, ha agito velocemente per raccogliere quanto è arrivato da varie parti del Paese. Questo ha dimostrato la generosità di tutti i cattolici e delle persone di buona volontà che, anche in mezzo a una crisi che ha impoverito molte persone, non hanno esitato a condividere non il superfluo, ma quel poco o tanto che possiedono”.