La condizione attuale del Libano appare come quella di uno “stato di guerra”. Inoltre, “ogni volta che un cittadino libanese emigra, perdiamo una nuova battaglia”. Con queste parole il card. Béchara Boutros Raï, patriarca maronita, ha descritto la “migrazione silenziosa che sta svuotando la nazione delle sue ricchezze umane e spirituali più preziose”, a cominciare dai giovani. Il nuovo allarme è stato lanciato ieri dal patriarca durante la messa a Diman, nella chiesa della residenza patriarcale estiva. Il Paese si trascina da tempo in una crisi che a molti analisti appare terminale. L’effetto più devastante della crisi attuale libanese coincide con l’esodo di libanesi di tutte le comunità etniche e religiose, soprattutto giovani, verso altri Paesi. Nella sua omelia, rilanciata da Fides, il patriarca maronita ha invitato tutti a riconoscere che anche la possibile salvezza della nazione libanese passa attraverso cammini di perdono che favoriscano occasioni di riconciliazione e convivenza tra le diverse componenti del Paese. “Il Libano” ha detto il cardinale “ha bisogno di riconciliazione, specialmente tra i funzionari politici, tra loro e il popolo, tra loro e la politica”. Proprio l’attività politica – ha sottolineato il primate della Chiesa maronita – “rappresenta la nobile arte di servire il bene comune”, mentre nel Libano le diverse consorterie politiche “si preoccupano di banali questioni di quote e conti, quando il popolo è abbandonato in preda alla fame, alla povertà, dell’umiliazione” che alimentano l’esodo di giovani e di tanti libanesi professionalmente qualificati (medici, professori, insegnanti , imprenditori). In questo scenario, il patriarca ha richiamato l’urgenza di accelerare a ogni costo la formazione di un “governo di salvezza nazionale” che si faccia carico della situazione del Paese e affronti le spinte centrifughe che ne minacciano lo smembramento.