“La situazione pandemica – ma già con la crisi recessiva del 2008- ha palesato un ribaltamento dell’idea secondo cui i giovani, ad esempio, preferiscono lasciarsi incantare dalle sirene dei grandi approdi metropolitani preferendoli alle aree rural-interne”. Lo scrive mons. Francesco Savino, vescovo di Cassano all’Jonio, in una nota a margine dell’Incontro dei vescovi delle aree interne, in corso, oggi e domani, a Benevento, su iniziativa dell’arcivescovo Felice Accrocca. “Assistiamo nel nostro Paese, in particolare in alcune aree del Mezzogiorno e della Calabria, a continue e per niente residuali operazioni di autoimprenditorialità, dalla microimpresa nel settore agrosilvopastorale all’ambito dei servizi alla persona e del settore culturale. Potremmo a primo impatto sostenere che le nuove generazioni preferiscano le aree interne come forma di vita e dunque come spazio di innovazione dove c’è meno pressione antropica rispetto al contesto metropolitano”. Per mons. Savino, la vera sfida politica e sociale è come riconnettere i giovani che permangono nei piccoli centri con il territorio di appartenenza. “Le strategie di reinsediamento sembrano procedere sulla via del pluralismo, con un focus particolare su situazioni intermittenti di residenze o sulla formazione di comunità provvisorie”, “intese come forme di residenzialità flessibili, revocabili o di borghi-laboratori in cui si realizzano esperienze di studio, formazione o di partecipazione”. Ma per porre mano a questo pezzo d’Italia “non bastano le edulcorate immagini di mulini bianchi o di fiction rurali. Però, è bene dirlo, non bastano neppure i soldi, certo necessari ma, evidentemente, non soddisfacenti”. Dunque, che fare? Ci sono da considerare “l’esigenza di spazi collettivi aperti, la qualità ambientale, la diffusione dello smart working, la possibilità di collegamenti a banda larga unitamente alla predisposizione di una chiara strategia di sviluppo economico che includa ad esempio la sperimentazione di modelli imprenditoriali innovativi”. L’obiettivo del reinsediamento, poi, “ne implica necessariamente altri: lavoro, infrastrutture per la mobilità e le comunicazioni, servizi essenziali. Pensiamo, anche per ragioni di composizione demografica, ai presidi sanitari territoriali”. Sarebbe, inoltre, “auspicabile studiare forme di co-housing o ragionare con le amministrazioni pubbliche alla riconversione di spazi pubblici da destinare anche a spazi per il co-working”. Fondamentale anche “la possibilità di accedere alle infrastrutture telematiche a banda ultra larga”. Dunque, “se un innesco ci deve essere, dovrà partire” da “un potenziamento dell’infrastruttura sociale e tecnologica mediante l’attivazione di una sinergia del pubblico e privato sociale in grado di determinare un progetto globale”. Di qui “l’auspicio è che l’Incontro dei vescovi delle aree interne “inauguri un confronto costruttivo con tutti gli attori che concorrono a definire le politiche delle nostre comunità, per condividere un’Agenda che abbia come tema principale gli obiettivi di crescita economica e la sostenibilità dei servizi da garantire”.