Quest’anno è aumentato il numero dei partecipanti giovani alla 57ª sessione di formazione ecumenica del Segretariato attività ecumeniche (Sae) sul tema “‘Racconterai a tuo figlio’ (Es 13,8) Le parole della fede nel succedersi delle generazioni. Una ricerca ecumenica (I)”, promossa al Monastero di Camaldoli, si legge in una nota diffusa oggi: studenti, seminaristi, catechisti impegnati nelle rispettive chiese hanno potuto assaporare il clima degli inizi del Sae nella serata dedicata alla fondatrice Maria Vingiani, rievocata dalla nipote Francesca e da socie e soci che hanno collaborato con Maria. “Dai racconti e dai ricordi informali – evidenzia la nota – sono emersi l’intelligenza, il coraggio e l’amore per i giovani di Vingiani, pioniera dell’ecumenismo in Italia quando ancora il Concilio Vaticano II doveva dare i suoi frutti”. Alcuni giovani erano presenti nei laboratori come co-conduttori e uno di loro, Daniele Parizzi, monitore valdese, è intervenuto nell’ultima tavola rotonda sulla recezione e trasmissione della Parola. “Spesso ci troviamo di fronte – ha detto – a tempi disorganici e spazi inadeguati. Se gli spazi non sono adeguati qualcuno è escluso. Oggi i giovani tendono a vivere la fede come fatto personale. C’è bisogno di una Chiesa diffusa, di imparare l’evangelo dal mondo, là dove la Parola si fa carne”.
Padre Ionut Radu, presbitero ortodosso romeno, in una relazione con un risvolto sociologico si è soffermato sul rapporto con le tecnologie digitali che sono lo spazio in cui, scoppiata la pandemia, anche le Chiese hanno veicolato le azioni liturgiche. Secondo Radu quelle in streaming non sono autentiche liturgie, ma “devozioni”. Ha poi affermato che, nonostante ciò, “la presenza ecclesiale nella comunicazione virtuale è importante perché occorre conoscere gli strumenti e utilizzarli per relazionarsi al mondo di oggi. Ci sono tantissime narrazioni, anche noi abbiamo uno spazio e non siamo più primi come pensavamo”.
In un intervento a due voci il presidente del Sae, Piero Stefani, e la predicatrice valdese Erica Sfredda, animatrice del gruppo “preghiera e liturgia” hanno concluso la sessione. Nel suo intervento Sfredda ha ripercorso i momenti e l’atmosfera della sessione, l’accoglienza e la partecipazione fedele dei monaci, ha riconosciuto che la chiamata a quest’esperienza non viene da uomini e donne ma dal Signore. “Siamo arrivati con le nostre storie e bagagli pesanti e ci abbeveriamo alle stesse fonti. L’ecumenismo è avere un nuovo stile di vita aperto all’altro, al migrante, al collega; è un modo nuovo di affrontare la vita”, ha dichiaratoo.
Stefani, leggendo un apologo autografo che ha come protagonista la lente di Papa Giovanni XXIII – appartenuta poi a Loris Capovilla e ricevuta in dono dal Sae da Francesca Vingiani – ha commentato alcuni snodi della sessione concludendo: “La speranza, non meno che la grazia, è sempre a caro prezzo”.