“Solo il primo giorno, tra il 15 e il 16 agosto, quando non si sapeva che cosa potesse succedere, ho provato un po’ di preoccupazione. Ma già dal giorno dopo, stando dentro l’ambasciata, ero tranquillo. Fuori i cancelli della nostra rappresentanza diplomatica c’erano i talebani che se avessero voluto farci del male avrebbero potuto. Ma non è successo assolutamente nulla. Ero preoccupato di più per le suore della Carità che invece erano rimaste nelle loro case ed erano quindi più esposte ed impaurite. In tutto questo tempo che siamo rimasti a Kabul in attesa di imbarcarci non ci siamo mai sentiti soli, sia la Chiesa – ero in continuo contatto con la Segreteria di Stato – sia le Istituzioni italiane, infatti, ci sono state vicino. Continuiamo a pregare per l’Afghanistan. Non abbandoniamo questo Paese e il suo popolo sofferente”: è la testimonianza, raccolta dal Sir, di padre Giovanni Scalese, barnabita, unico sacerdote cattolico finora presente in Afghanistan, rientrato nel pomeriggio di ieri a Roma, grazie al ponte aereo italiano. Con lui sono rientrate anche 5 suore Missionarie della Carità e 14 bambini disabili da loro accuditi a Kabul. Padre Scalese è il superiore della missione cattolica Missio sui iuris dell’Afghanistan istituita da Giovanni Paolo II nel 2002.