Settimana liturgica nazionale: don Falabretti (Snpg), “le nostre comunità devono imparare a celebrare con i giovani, senza perdere il contatto con la Parola”

La diversità generazionale è indubbiamente una delle questioni che, negli ultimi anni, è emersa in modo più deciso e preponderante: per stimolare la riflessione attorno a questa tematica, durante la terza giornata della 71ª Settimana liturgica nazionale ospitata a Cremona, si è sviluppato un confronto tra don Manuel Belli, insegnante di Teologia dei Sacramenti, e don Michele Falabretti, direttore del Servizio nazionale di pastorale giovanile della Cei, moderato da don Paolo Arienti, incaricato per la pastorale giovanile della diocesi di Cremona.
Se la liturgia vuole essere espressione di una comunità, non può non tenere conto della presenza del mondo giovanile. “È evidente che ci sia un calo di presenze alle nostre celebrazioni – ha riflettuto don Falabretti – forse questa dinamica è dovuta al fatto che la fascia giovanile si sente poco coinvolta nella vita liturgica della Chiesa”.
Don Belli ha aggiunto: “C’è spesso una sorta di sconnessione tra i vari ambiti della comunità cristiana, e questo ha contribuito, specialmente nel mondo giovanile, a spostare l’accento sulla soggettività, più che sulla collettività”. La visione sui giovani di entrambi i relatori è comune su un punto: “Nei giovani non manca una ricerca di senso e nemmeno una capacità di vivere una dimensione rituale, bensì si manifesta un evidente problema comunicativo: il linguaggio della Chiesa a loro dice poco”.
Don Arienti ha ricordato il grande successo che spesso hanno iniziative come le Gmg o le proposte più meditative legate alle comunità monastiche come ad esempio quella di Taizé: “Credo che in occasioni come queste – ha spiegato don Belli – i giovani si sentano aiutati a trovare una connessione tra ciò che vedono e ciò che sentono: questo ci dovrebbe spingere a ripensare alle nostre liturgie rendendole meno pensate e più vissute”.
Per don Falabretti, “i grandi eventi sono momenti eccezionali, ma sui quali non si può fare affidamento esclusivo: hanno un grande valore universale, però è necessario recuperarne la memoria nel tempo per far sì che non si riducano a semplici ricordi”. Ma come iniziare, o re-iniziare, i giovani alla liturgia? “Le nostre comunità – ha concluso don Falabretti – sono ancora luogo di iniziazione, ma devono imparare a celebrare con i giovani, senza perdere il contatto con la Parola: essa infatti sa interrogare ed aprire spazi di crescita e confronto”.
Un’ultima lettura è stata fornita da don Belli: “È necessario celebrare quei riti che sono parte fondante e fondamentale del cammino di iniziazione cristiana vivendoli: viceversa la liturgia parlerà una lingua che pochi riusciranno ad interpretare e comprendere”.

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