“La speranza è che in Afghanistan vi sia una possibilità di poter continuare a lavorare a fianco degli ultimi, in particolare nelle numerose realtà locali che sono sorte negli ultimi anni e che sono fondamentali per molte persone che vivono nel Paese. Veramente si occupano degli ultimi tra gli ultimi. Negli scorsi anni, infatti, anche in collaborazione con la Caritas sono moltiplicati i centri di aiuto e sostegno verso i disabili, i più poveri e per chi vive nelle zone più remote dell’Afghanistan. Ora queste persone sono tutte preoccupatissime perché non sanno se potranno continuare a operare”. A dirlo al Sir è Paolo Beccegato, vicedirettore di Caritas Italiana e responsabile dell’area Internazionale, commentando la situazione in Afghanistan dove, dopo il ritorno dei talebani, migliaia di persone stanno cercando di lasciare il Paese in ogni modo e con qualsiasi mezzo. “In questo momento – spiega Beccegato – l’unica possibilità di evacuazione è via aerea, ma nessuno parla della via terrestre. Tutti gli stati hanno chiuso i confini salvo un piccolo punto di accesso in Pakistan. In questi giorni c’è un gran parlare dei talebani che hanno chiuso la trasvolazione dei cieli, ma nessun parla di tutti quei Paesi che impediscono alla popolazione in fuga di entrare. Gli stati confinanti dovrebbero aprire i confini e permettere alle persone di entrare per poi, secondo accordi internazionali, essere ricollocati al sicuro con delle quote per ogni stato”.
In questo senso, rimarca Beccegato, “rientra in campo il discorso della Conferenza episcopale italiana dei corridoi umanitari, che generalmente si fanno dai Paesi confinanti. Le evacuazioni sono in atto, ma così resteranno sempre limitate rispetto al desiderio di tante persone”. “Il discorso delle persone in fuga dall’Afghanistan è oggi legato a questa ultima emergenza, ma c’è da dire che negli ultimi quarant’anni il popolo afgano è esule e ci sono milioni di dispersi. Dalla Grecia alla Turchia, passando per l’Albania e fino alla Bosnia sono troppe le persone bloccate e che spesso vengono maltrattate. Quelli che scappano oggi sono le stesse persone, sono i fratelli di chi già è andato via – conclude il vicedirettore di Caritas -. È un popolo dimenticato con diritti e dignità, ma verso il quale sono stati innalzati solo muri. Questo non può lasciarci indifferenti”.