La deforestazione della foresta pluviale amazzonica ha stabilito un nuovo record. Secondo l’Ong di ricerca Imazon, la devastazione accumulata negli ultimi 12 mesi è la più grande dal 2012. Da agosto 2020 a luglio di quest’anno sono stati distrutti 10.476 chilometri quadrati di foresta pluviale, un’area equivalente a nove volte la città di Rio.
I dati ottenuti attraverso il Sistema di allerta della deforestazione (Sad) mostrano che la cifra accumulata è del 57% superiore a quella registrata tra agosto 2019 e luglio 2020, quando furono devastati 6.688 chilometri quadrati. Lo Stato del Pará è in cima alla classifica della deforestazione, con il 37% del totale.
Anche dentro a questo quadro si colloca la protesta degli indigeni, intitolata “Luta pela vida” (“Lotta per la vita”). Accampati a Brasilia tra il 22 e il 28 agosto, circa cinquemila persone in rappresentanza di 118 popoli indigeni di tutto il Paese stanno portando avanti una settimana di intensa mobilitazione in difesa dei loro diritti costituzionali e contro le misure e i progetti del Congresso nazionale e del Governo federale.
Il momento centrale della mobilitazione è rappresentato dalla sentenza, prevista per domani, della Corte suprema federale (Stf), che definirà il futuro della demarcazione delle terre indigene, con il rischio che passi una rilettura restrittiva della Costituzione federale, con l’obiettivo di limitare il diritto dei popoli indigeni alla demarcazione delle loro terre. Ieri i manifestanti hanno ricevuto una visita da parte di una delegazione della Conferenza nazionale dei vescovi del Brasile, che ha manifestato il proprio appoggio all’iniziativa. Erano presenti il presidente della Cnbb, dom Walmor Oliveira de Azevedo, il segretario generale dom Joel Portella, il presidente del Consiglio missionario indigeno (Cimi) e segretario di Repam Brasile, dom Roque Paloschi, Ronilson Costa e Carlos Lima del coordinamento nazionale della Commissione per la Pastorale della terra.