(Da Rimini) “Come sarà la scuola dopo il Covid?”. Se lo chiede Ernesto Diaco, direttore dell’Ufficio nazionale per la scuola, l’educazione e l’università della Cei, che al Sir commenta la tavola rotonda tenutasi questa mattina, al Meeting di Rimini, su “Investire in educazione oggi vuol dire scommettere sull’alleanza scuola-lavoro”. “Me lo chiedo – aggiunge – perché se ne sente parlare sempre meno. Non vorrei ce ne fossimo già dimenticati”. Sulle sollecitazioni emerse dal dibattito della mattinata, Diaco afferma che “la scuola si rivolge all’interezza della persona, non solo alla sfera cognitiva, alle dimensioni intellettuali. Una scuola che si percepisce per la vita è una scuola aperta al territorio, alle sfide sociali e al futuro. Tutti elementi che passano dal lavoro. La dignità della persona passa anche dal lavoro. La scuola non può ignorare la dimensione lavoro e quello che sarà il futuro dei ragazzi nel mondo del lavoro”. Tra i tanti motivi per rinnovare e riprendere l’alleanza scuola-lavoro vi è la notevole dispersione scolastica, “aggravata dalla cosiddetta dispersione implicita, quella costituita da chi finisce gli studi senza raggiungere competenze adeguate per entrare nel mondo del lavoro”, mette in evidenza Diaco. Il rapporto tra la scuola e il mondo del lavoro ha visto in questi anni modelli diversi: “C’è stato il momento dell’alternanza scuola-lavoro obbligatoria poi naufragata – ricorda Diaco -. Ora viene lasciata alla responsabilità delle singole scuole. Il modello presentato oggi qui al Meeting, una buona alleanza tra scuola e lavoro, si fonda sull’autonomia delle scuole che mantengono la loro identità di luoghi formativi con obiettivi diversi dal mercato o dal sistema economico, ma cercano di favorire nei ragazzi quelle competenze relative alla loro personalità in grado di farli diventare dei lavoratori responsabili e liberi”.