Un ulteriore appello, dopo quello di qualche giorno fa, arriva dalla Conferenza episcopale del Guatemala (Ceg), preoccupata per l’attuale situazione sanitaria, sociale e politica, di fronte alle crescenti manifestazioni di scontento e protesta da parte della popolazione, che avvengono nel pieno di una nuova ondata pandemica.
Anzitutto, la Ceg lancia l’allarme sul collasso del sistema sanitario, a causa dell’alto numero di contagi per il Covid-19. Si fa inoltre notare che “la massiccia vaccinazione contro il virus Covid-19 non ha ottenuto i risultati attesi, sia nella copertura sia nella responsabilità dei cittadini di ricevere il vaccino”. Infatti, “il livello di esaurimento del personale sanitario è allarmante; il numero di persone infette è aumentato considerevolmente; i settori della popolazione colpiti sono di tutte le età e preoccupa molto l’annuncio della presenza di un nuovo ceppo del virus, più aggressivo e contagioso”.
I vescovi esprimono ulteriore preoccupazione per le recenti proteste sociali, nelle quali sono state chieste le dimissioni del procuratore generale e del presidente della Repubblica, con blocchi su strade, dogane e aeroporti. Viene ribadito “il diritto alla protesta pacifica”, ma si avverte nel contempo che alcune azioni e modalità “non contribuiscono alla soluzione” dei problemi, anzi rischiano di “colpire e danneggiare la maggioranza della popolazione”.
Prosegue la nota della Ceg: “Per noi vescovi, con la consapevolezza che scaturisce dalla nostra responsabilità pastorale e civile, ciò che sta accadendo ora è motivo di grande preoccupazione. È il segno evidente di una viva insoddisfazione della gente, del suo malcontento, della sua frustrazione e del sentirsi di nuovo delusi”. Pertanto, “è necessario e urgente che si riprenda l’iniziativa presidenziale manifestata e avviata prima dell’inizio della pandemia, per chiedere un dialogo franco e aperto, con proposte concrete, coinvolgendo i diversi settori del Paese”. Senza questo dialogo, “percepiamo che crescerà il malcontento, alimentato da chi vuole destabilizzare la nazione cercando i propri interessi, cioè dalle strutture della criminalità organizzata, del narcotraffico e della corruzione e dell’impunità incastonate negli organi dello Stato”. Non si tratta, secondo i vescovi, di chiedere le dimissioni del presidente Alejandro Giammattei, cosa che costituirebbe un arretramento nel processo democratico, ma di ricordargli gli impegni presi con tanta veemenza all’inizio del suo mandato.