Colombia: mons. Duffé (Dicastero Servizio sviluppo umano integrale), “omicidio dei giovani crimine contro l’umanità”

(Foto Siciliani-Gennari/SIR)

“Va detto chiaramente: l’omicidio dei giovani – con la tortura, che mira a ridurre al silenzio chi non si vuole ascoltare – è una forma di ‘crimine contro l’umanità’. I giovani sono il futuro della Colombia, come in tutti i Paesi. Ma sono anche il futuro dell’umanità. Quindi uccidere i giovani, i loro figli, sta anche uccidendo il futuro dell’umanità. La parola può sembrare dura ma descrive davvero ciò che si vive oggi in Colombia”. A scrivere queste parole sulla realtà del Paese sudamericano – dove nelle scorse settimane le proteste popolari, perlopiù pacifiche, sono state represse in molti casi nel sangue e in modo sproporzionato, come ha riconosciuto anche la Commissione interamericana per i diritti umani – è mons. Bruno Duffé, segretario del Dicastero per il Servizio dello sviluppo umano integrale.
Mons. Duffé aveva promesso, nel febbraio scorso, al gesuita Javier Giraldo, tra i promotori della sessione del Tribunale permanente dei popoli, il suo personale interessamento alla situazione colombiana. Nei giorni scorsi ha mantenuto la promessa, visitando per una settimana il Paese, parlando con i genitori delle vittime della repressione, con i giovani e tante persone impegnate per la pace. Un vero e proprio viaggio nella “periferia” di uno dei Paesi più diseguali e violenti del mondo. Ne è uscito un diario, datato 9 agosto, che è un forte atto di denuncia, consegnato da mons. Duffé a padre Giraldo (che ieri l’ha pubblicato on line in spagnolo) e pervenuto al Sir.
Secondo il segretario del Dicastero vaticano, lo sciopero nazionale iniziato in aprile e proseguito per molte settimane è stato “un’espressione di disperazione, un chiaro no” a una situazione divenuta intollerabile, per “le troppe diseguaglianze politiche ed economiche, per la troppa corruzione e violenza contro i poveri, per il troppo disprezzo contro i giovani, i lavoratori, le lavoratrici e i rappresentanti della società civile”. Purtroppo, la risposta dello Stato è stata una repressione “violenta, brutale e smisurata”. Scrive mons. Duffé: “Non si fa più riferimento alla legge; non vi è alcun riferimento ai diritti umani fondamentali: il diritto alla vita e all’integrità fisica e morale; diritto alla protezione e alla partecipazione dei cittadini. Ogni iniziativa popolare sembra essere interpretata dallo Stato e dalla forza pubblica come una congiura da stroncare”.
Esiste, perciò, “la necessità di riaffermare l’autorità del diritto pubblico e dei diritti umani che non permette che un movimento sociale – con persone che hanno le mani vuote e disarmate – venga affogato nel sangue”.

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