“Le figure autorizzate alla verifica dell’identità personale sono quelle indicate nell’articolo 13 del Dpcm 17 giugno 2021 con le modalità in esso indicate, salvo ulteriori modifiche che dovessero sopravvenire”. Quindi, riguardo al cosiddetto “green pass” – che attesta l’avvenuta vaccinazione anti Covid-19, la negatività al test molecolare o antigenico rapido nelle ultime 48 ore o la guarigione da Covid-19 negli ultimi sei mesi –, è consentita l’“attività di verifica e di identificazione da parte degli esercenti di ristoranti e bar” ai quali è consentita la “verifica dell’identità del titolare” della certificazione verde “con le modalità e alle condizioni di cui all’art. 13, c.4, del citato Dpcm”. Lo ha chiarito il Garante per la protezione dei dati personali rispondendo ad un quesito rivolto dalla Regione Piemonte sull’attività di verifica e di identificazione da parte degli esercenti di ristoranti e bar.
Tra le garanzie previste dal decreto – si legge nella risposta – “è, del resto, compresa anche l’esclusione della raccolta, da parte dei soggetti verificatori, dei dati dell’intestatario della certificazione, in qualunque forma (art. 13, c.5, del suddetto Dpcm)”. Per il Garante, “entro questi termini” quindi “è consentito il trattamento dei dati personali consistente nella verifica, da parte dei soggetti di cui all’art. 13, c.2, dell’identità dell’intestatario della certificazione verde, mediante richiesta di esibizione di un documento di identità”.