I contratti collettivi nazionali di lavoro vigenti, depositati nell’Archivio nazionale dei contratti pubblici e privati del Cnel, aggiornato al 30 giugno 2021, sono 985, in aumento di 35 unità rispetto al trimestre precedente (+3,7%) e di 50 rispetto a giugno 2020 (+5,3%), nonostante la pandemia dovuta al Covid-19. Di questi, 610 (61,9%) risultano scaduti, mentre 375 (38,1%) sono in vigore rispetto alla data di scadenza riportata nel testo. È quanto emerge dal tredicesimo Report periodico dei contratti collettivi del Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro (Cnel).
“Escludendo il pubblico impiego – viene spiegato in una nota –, i settori in cui si registra la maggior percentuale di contratti scaduti sono: Credito e Assicurazioni (85,7%), Poligrafici e Spettacolo (81,8%), Edilizia (72%). Sempre con riferimento alla data di scadenza stabilita nei singoli testi e rispetto ai documenti depositati in Archivio, si segnala che ci sono 69 contratti scaduti nel primo semestre del 2021 non ancora rinnovati, nonché ulteriori 81 che andranno a scadenza nel secondo semestre 2021 e 117 aventi scadenza prevista nel corso del 2022”.
Secondo il presidente del Cnel, Tiziano Treu, “non possiamo parlare di Pnrr e di ripresa senza partire dai contratti scaduti e dalla qualità delle condizioni di lavoro, anche economiche, dei lavoratori, ormai datate”. “Un buon punto di partenza – sostiene – può essere il nuovo contratto dei metalmeccanici. Ci sono oltre 10 milioni di lavoratori con contratto scaduto. Il rinnovo potrebbe dare impulso a una nuova stagione contrattuale, non più rinviabile, anche perché le ricadute occupazionali del Pnrr, non solo secondo il Cnel, sono incerte e più basse di quello dichiarato nei piani di altri Paesi”. “L’eccezionalità del momento – prosegue – richiede il coraggio di innovare anche nelle politiche sociali, come si è fatto nelle scelte del Next Generation Eu. Occorre un salto di qualità che si rifletta nella concezione stessa della qualità e delle funzioni di un welfare adatto alle future generazioni”. Per Treu, “le iniziative prese nell’emergenza, come il Sure, devono essere rese strutturali e accompagnate dalla finalizzazione degli altri interventi contenuti nell’action plan e proposti dalla Commissione europea. Queste iniziative sono uno stimolo utile anche per ripensare gli assetti dei nostri welfare nazionali, a cominciare da quello italiano che ha mostrato non poche fragilità e inadeguatezze”.