Il possibile impatto del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr), considerando gli investimenti programmati per la parte riconducibile a voci specifiche, quantifica gli effetti in un innalzamento del livello del Pil – rispetto allo scenario base – compreso tra il 2,3 e il 2,8 per cento nel 2026, con impatto che aumenta al crescere dell’intensità della componente immateriale della spesa. È quanto emerge dal “Rapporto annuale 2021. La situazione del Paese” presentato oggi dall’Istat.
Rispetto ai “due temi chiave per il futuro del Paese” affrontati nel Piano, la ripresa del processo di accumulazione del capitale materiale e immateriale e il rafforzamento del percorso verso la transizione energetica ed ecologica, l’Istat osserva che “le opportunità di sviluppo necessitano anche di un rafforzamento della dotazione del capitale infrastrutturale – le reti di trasporto, di energia, digitali – ancora disomogenea fra le aree del Paese”. “L’analisi del percorso verso la transizione energetica – prosegue l’Istituto nazionale di statistica – mette in luce i fattori che hanno favorito la riduzione delle emissioni di gas serra nei principali paesi della Unione europea. È stabile negli ultimi anni l’impronta di gas serra per l’Italia, che fornisce una misura rilevante per la dimensione globale del fenomeno dei cambiamenti climatici (in quanto comprende le emissioni attivate fuori dei confini nazionali dalle scelte di consumo e investimento del nostro Paese)”. Alcuni interventi previsti dal Pnrr – viene osservato – vanno nella direzione di stimolare ulteriori riduzioni delle emissioni nazionali e la crescita di settori economici a specifica vocazione ambientale. Nei territori, analizzati con particolare attenzione alle città e all’ambiente urbano, le criticità ambientali e le azioni introdotte per contrastarle presentano forti eterogeneità per via di “marcate differenze” con “ampi margini di riduzione dei divari territoriali esistenti”.