“Dalla festa di S. Maria Goretti viene un invito a intendere bene il ruolo della coscienza nella vita personale e nella vita sociale e a trarne le conseguenze per una azione adeguata innanzitutto sul piano educativo”. Lo ha detto, ieri sera, il vescovo di Latina-Terracina-Sezze-Priverno, mons. Mariano Crociata, quando ha presieduto, alle 21, la santa messa in memoria di santa Maria Goretti, patrona della città di Latina e dell’Agro pontino, presso la parrocchia del capoluogo a lei intitolata. “Non è una aggiunta secondaria l’osservazione secondo cui se la piccola Maria ha sviluppato ben presto una tale coscienza di sé e della sua dignità – ha osservato il presule -, ciò non è frutto di una generica educazione, ma di una educazione qualificata in senso cristiano, accompagnata dalla fede in Dio, dall’amore per Gesù, dall’esempio e dall’intercessione di Maria e dei santi. C’è nella nostra fede, e nell’esempio che ce ne dà S. Maria Goretti, non solo la risorsa decisiva per dare senso alla nostra vita e per orientarla al bene supremo e alla riuscita definitiva, ma anche la condizione imprescindibile per una convivenza sociale e civile più autentica e serena per tutti. Dobbiamo essere avvertiti di questa indivisibile responsabilità e adoperarci per assumercela fino in fondo”. Mons. Crociata ha sottolineato: “Come cristiani, non potremo mai accontentarci di un culto separato dalla vita, ma sentiremo sempre imperiosa l’esigenza di contribuire in maniera decisa a una società migliore, di tutti e per tutti, basata – per noi – sul dono di sé e sulla dedizione agli altri senza differenze di persone ma con un amore generoso e disinteressato”.
“Se i nostri bambini vengono cresciuti”, ha riflettuto il vescovo, “secondo il principio che non devono essere educati, corretti, indirizzati, ma al contrario devono potersi esprimere senza che venga loro posto alcun limite, come volete che agiscano di fronte ad un impulso irresistibile che nessuno ha insegnato loro a frenare, controllare, orientare? Senza arrivare agli estremi della violenza fisica, il risultato è l’alterazione dei rapporti interpersonali sempre più improntati alla ricerca della utilizzazione dell’altro – chiunque egli sia – come un oggetto di cui servirsi per soddisfare i propri capricci, bisogni, desideri, attese”. Mons. Crociata ha concluso: “L’altro non è più una persona da trattare come vorrei essere trattato io al suo posto, ma un oggetto da usare a piacimento, perché tanto ciò che conta è la soddisfazione dei miei impulsi, da quelli più elementari a quelli socialmente più accettabili. Ma questa può diventare la strada maestra per ridurre la convivenza sociale a una lotta spietata di tutti contro tutti”.