Resilienza, communiter, gratuità. Questa la trilogia sulla quale il card. Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della cultura, ha imperniato il proprio intervento incontrando questa mattina i rappresentanti delle istituzioni dello sport italiano presso la Sala del Giubileo dell’Università Lumsa di Roma per “ripartire insieme dopo la pandemia”. L’evento, intitolato appunto “Chiesa e sport. Ripartiamo insieme”, è stato promosso dal Dicastero vaticano, dalla Fondazione Giovanni Paolo II per lo sport e dall’Ufficio nazionale per la pastorale del tempo libero, turismo e sport della Cei.
Dopo avere richiamato l’antica città di Olimpia, sede dei giochi panellenici, Ravasi si è soffermato sulla resilienza che, ha osservato, “guarda al futuro, è utopia, è un luogo positivo futuro che ha in sé la caratteristica del bene” e per questo “deve entrare anche nello sport con i suoi stili di vita”. Con riferimento all’avverbio “communiter”, il presidente del Pontificio Consiglio ha richiamato il carteggio degli scorsi mesi con il presidente del Cio Thomas Bach, “che io poi trasferivo con delle lettere al Papa, e all’interno del quale c’era la proposta di aggiungere, cosa poi accaduta, una quarta parola al motto olimpico altius, citius, fortius”, ha spiegato. La proposta del Cio era “communis”, ma su suggerimento del cardinale si è optato per la forma avverbiale “communiter”, in inglese “together”. Un avverbio che deriva da “cum munus “, ossia, ha spiegato Ravasi, “dare reciprocamente un dono. Ogni volta che all’interno delle comunità si pratica lo sport autentico, si scambiano dei doni”.
Infine “gratuità”, molto cara a Papa Francesco; un termine “di matrice latina che significa grazia, e nella versione greca vuol dire anche fascino perché nello sport, soprattutto in alcuni, c’è anche la dimensione del fascino”. Per Ravasi “alla gratuità si connette la parola bellezza, arte. Non a caso in inglese e in francese to play e jouer significano non solo giocare ma anche recitare”. E se lo sport “manifesta nelle sue forme le potenzialità estreme della nostra corporeità”, il porporato ha ricordato come nelle 14 Olimpiche di Pindaro “la bellezza dell’atleta e lo splendore della ricerca dell’anima che veleggia verso i cieli del mito e della bellezza siano strettamente intrecciati”.