Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell’articolo 485 del decreto legislativo n. 297 del 1994 che non consente di valutare, ai fini della ricostruzione di carriera e della mobilità, l’insegnamento prestato presso le scuole paritarie, prima dell’immissione nei ruoli della scuola statale. È quanto ha affermato la Corte Costituzionale con la sentenza n. 180 depositata oggi (redattore il vicepresidente Giuliano Amato), osservando che “la legge n. 62 del 2000 ha voluto garantire agli alunni delle scuole paritarie i medesimi standard qualitativi di quelle statali, sia quanto all’offerta didattica sia quanto al valore dei titoli di studio. Peraltro, ciò – viene spiegato – non ha portato alla completa equiparazione del rapporto di lavoro dei docenti di tali scuole a quello dei docenti della scuola statale in regime di pubblico impiego privatizzato”. Secondo la Corte, “infatti, la mancanza in esse di selezioni concorsuali non consente di tenere conto dei principi che, in base all’articolo 97 della Costituzione, devono informare l’attività delle amministrazioni pubbliche. D’altra parte, il margine di discrezionalità delle scuole paritarie nella selezione dei propri insegnanti garantisce la loro autonomia e libertà nel dotarsi di personale connotato da un’impostazione culturale, didattica ed educativa coerente con il loro progetto formativo”.