È illegittimo far derivare dalla condanna per il delitto di truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche l’incapacità ad avere rapporti con le pubbliche amministrazioni. Questo delitto non è, di per sé, indice di appartenenza a un’organizzazione criminale. A differenza dei delitti più gravi indicati nell’articolo 51 del Codice di procedura penale, non ha natura associativa, non richiede la presenza di un’organizzazione ed è punito con pene più lievi. Si tratta quindi di una misura sproporzionata rispetto al contrasto all’attività mafiosa e tale da provocare danni elevati alla libertà di iniziativa economica. È quanto ha stabilito la Corte Costituzionale con la sentenza n. 178 depositata oggi (redattore il vicepresidente Giuliano Amato) dichiarando illegittimo l’articolo 24, primo comma, lettera d), del dl n. 113 del 2018, convertito nella legge n. 132 del 2018, che ha aggiunto la truffa aggravata prevista dall’articolo 640-bis del Codice penale ai delitti dell’articolo 51, comma 3-bis, del Codice di procedura penale per i quali la condanna, anche non definitiva, purché confermata in appello, fa scattare la comunicazione interdittiva antimafia.