Giornata “storica” quella vissuta ieri in Perù: nel giro di poche ore è stato festeggiato il bicentenario dell’indipendenza, con una messa solenne nella cattedrale metropolitana di Lima, e il presidente neoeletto Pedro Castillo ha presentato il suo programma al Parlamento e ha giurato davanti alla Costituzione.
La messa, con il Te Deum, alla presenza del presidente della Repubblica uscente Francisco Sagasti e delle altre principali autorità dello Stato, è stata presieduta da mons. Carlos Castillo Mattasoglio, arcivescovo di Lima e primate del Perù, e concelebrata, tra gli altri, dal card. Pedro Barreto, dal nunzio apostolico, mons. Nicola Girasoli, e dal presidente del Celam e della Conferenza episcopale, mons. Miguel Cabrejos.
Mons. Castillo, nell’omelia, ha reso omaggio alle tantissime vittime della pandemia e ha fatto cenno alla “promessa peruviana” ancora incompiuta, cui aveva fatto riferimento Papa Francesco durante la sua visita nel 2012, quando aveva chiamato il Perù come il Paese di “todas las sangres” (di tutte le stirpi), facendo propria la definizione di Jorge Basadre e José María Arguedas.
“Superiamo le divisioni bipolari affrontate, dove la fiducia scompare, concretizziamo la nostra volontà di affrontare la realtà sociale concreta e l’esigenza di unità di fronte alle avversità attraverso il dialogo. Cerchiamo punti di intesa quanto più ampi possibile, anche se provvisori rispetto ai grandi problemi nazionali”, l’esortazione dell’arcivescovo.
Ha spiegato mons. Castillo: “La fede ci invita anche a comprendere con lucidità quel complesso processo di realizzazione, a poco a poco, di un Paese solidale, allargando la democrazia in modo partecipativo, caratterizzato dall’ascolto delle richieste che salgono dalle province e dalle regioni. La Patria è un processo di amore solidale tra i popoli. Nel prossimo quinquennio del nuovo regime politico, tutte le autorità sono chiamate a fare tutto ciò che è in nostro potere per rafforzare il Perù nella sua economia e nella sua democrazia, nella sanità e nell’istruzione”.
Parole che si sono collegate idealmente con quanto accaduto poco dopo in Parlamento, dove si è presentato, con il suo inseparabile sombrero di paglia, il nuovo presidente Pedro Castillo, che già nei giorni scorsi aveva annunciato di voler dare vita a un’Assemblea costituente per rendere il Perù uno Stato “plurinazionale”, come già avvenuto in Bolivia e in Ecuador. Scelta confermata (anche se rimessa alla volontà del Parlamento e del popolo, attraverso un referendum) nel suo discorso, nel quale ha affermato di voler governare “per il popolo e con il popolo”. Oggi, ha detto il nuovo capo dello Stato, “è un giorno di cambiamenti storici per il Perù” dopo che per secoli, “prima la colonizzazione spagnola, poi una serie di governi ingiusti seguiti al colpo di Stato del 1992 hanno defraudato la popolazione”.