Un mese e mezzo dopo il ballottaggio elettorale dello scorso 6 giugno e a 9 giorni dalla data prevista per l’insediamento, il Perù ha ufficialmente il suo presidente della Repubblica. Pedro Castillo, il candidato di Perù Libre, forza di sinistra, è stato proclamato ieri presidente dall’Ente che presiede alle elezioni, il “Jurado National de Elecciones” (Jne). La proclamazione è avvenuta una volta che sono stati presi in esame i numerosissimi ricorsi presentati dall’avversaria di Castillo, Keiko Fujimori, candidata della destra, figlia del dittatore Alberto, alla sua terza sconfitta consecutiva al ballottaggio. Il Jne ha, così, confermato la vittoria di Castillo per stretto margine (circa 40mila voti), mentre Fujimori, dopo aver tentato con tutti i mezzi di opporsi a un risultato che da settimane appariva chiaro, pur nella strettezza del margine, ha affermato di “accettare l’esito, perché così prevede la legge”. Castillo, dal canto suo, ha rivolto un appello all’avversaria: “Non mettiamo barriere, per far andare avanti il nostro Paese”.
Il nuovo presidente, nelle scorse settimane, aveva cercato di mandare segnali tranquillizzanti e di moderazione, rispetto ai proclami della campagna elettorale. Dovrà convincere un Parlamento che in maggioranza gli è contrario e l’establishment di Lima, preoccupato per l’ascesa al potere di un presidente decisamente di sinistra e proveniente dalla periferia del Paese.
La Chiesa, nelle scorse settimane, ha fatto appello a riconoscere e a rafforzare la democrazia, nell’ottica del bene comune, e a trovare vie di dialogo. L’arcivescovo di Lima, mons. Carlos Castillo, in alcune recenti interviste, ha parlato di “momento difficile”, ma anche di “occasione straordinaria per fare un passo avanti tutti insieme”, specificando che sempre “la Chiesa sta con la legalità e con il rispetto della volontà popolare. Di fatto, posso affermare con chiarezza che il prossimo presidente potrà sempre contare sulla leale collaborazione della Chiesa”.