“Papa Francesco è vicinissimo col cuore e con la mente alla sofferenza dei libanesi in questo momento cruciale e grave del loro Paese. La Giornata di ieri è stata seguita in tutte la comunità cristiane del Paese, riunitesi contemporaneamente per pregare con Papa Francesco. Dalle parole e dai gesti del Pontefice abbiamo avuto la conferma che il Libano non potrà mai essere un Paese chiuso e per pochi, ma deve continuare ad incarnare quel messaggio di fratellanza, di unità e di pace come detto da san Giovanni Paolo II. Ieri il Papa e i capi delle Chiese libanesi hanno voluto ribadire che il Libano deve essere un Paese libero e aperto a tutti, un modello di convivenza per i Paesi della Regione e non solo”. Padre Firas Lufti, francescano della Custodia di Terra Santa, è il guardiano della comunità dei frati di Beirut e ministro della Regione San Paolo formata da Giordania, Libano, Siria. Arrivato a Beirut circa due anni fa – giusto in tempo per vivere lo scoppio della crisi politica, economica e finanziaria del paese, complice anche l’esplosione nel porto di Beirut del 4 agosto scorso – commenta al Sir la Giornata di ieri che ha visto Papa Francesco in Vaticano convocare i capi e i patriarchi delle chiese libanesi. “La popolazione sta vivendo un tempo, oramai lungo, di frustrazione. La gente – dice – ha perso fiducia nei politici ritenuti i primi responsabili del crollo economico e finanziario delle banche, della svalutazione della moneta rispetto al dollaro e soprattutto della frammentazione della società oggi molto fragile. Nei libanesi – afferma il francescano senza troppi giri di parole – resta solo un’ultima speranza, quella riposta nelle proprie guide spirituali e in Papa Francesco. Una persona molto amata per l’umiltà e per la sua concretezza. La salvezza del Libano è anche nelle sue mani”. “La Giornata di ieri – rimarca il religioso – è stato un segnale di speranza”. A toccare il cuore dei libanesi, rivela padre Lufti, “è stato il gesto della lampada accesa, consegnata da alcuni giovani ai capi delle Chiese libanesi, un segno di speranza e di pace per questa terra. In quella lampada accesa abbiamo visto tutta la volontà ferrea della Chiesa di aiutare il Libano a vivere nella luce e a non lasciarlo cadere nel buio della più totale disperazione”. Speranza unita a concretezza: “Non spetta certo alla Chiesa indicare soluzioni politiche. Queste toccano ai capi politici. Purtroppo la corruzione dilagante in Libano – sottolinea padre Lufti – ne impedisce la rinascita, lo sviluppo e la ripresa. La Giornata di ieri in Vaticano invita tutti i libanesi e non solo quelli cristiani a non arrendersi davanti all’enormità della crisi attuale. Le guerre trascorse hanno provocato logiche di spartizione del potere che non aiutano il Libano, ma non dobbiamo rassegnarci. Come cristiani possiamo contribuire a lanciare proposte per trovare una soluzione. Penso, per esempio, a quella lanciata dal patriarca maronita, card. Bechara Boutros Rai, di una conferenza internazionale sul Libano sotto egida Onu”. “La priorità – ribadisce il frate – è salvare il popolo dalla fame e dalla povertà che cresce giorno dopo giorno. Le persone ricche, i corrotti, infatti, da tempo hanno lasciato il Paese. Chi resta sta soffrendo la fame”. La certezza di padre Lufti è che “con la Giornata di ieri è partita una luce che espandendosi illuminerà il buio che oggi ci avvolge. Il Libano ha superato tante sfide nella sua storia, supererà anche questa”.