“Fare memoria di Paolo Borsellino, Emanuela Loi, Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina è mettersi in ascolto del dolore dei loro familiari, del dolore delle vittime di mafia e di questa nostra amata città così martoriata e ancora bisognosa di riscatto”. Lo ha detto l’arcivescovo di Palermo, mons. Corrado Lorefice, nell’omelia della messa che ha celebrato stamani in cattedrale, nel 29° anniversario della strage di via D’Amelio. “Fare memoria significa familiarizzare con i nomi della memoria ferita e prendere ferialmente e fattivamente parte alla domanda di affrancamento dal male, dall’abitudine alla rassegnazione, alla sudditanza sociale e psicologica – ha aggiunto il presule –. Significa ripensare il nostro modi di vivere la città, di stare nella città. Oggi”.
L’arcivescovo ha poi osservato che “è proprio la città che permette la communitas, la socialità, la solidarietà; è la città che fa uscire dalla logica della tribù e del clan e consente di vivere nell’orizzonte dell’altro, della ricchezza del ‘noi’ plurale e diverso”. “Eppure, proprio nella città il male si fa più evidente; la tragedia dei rapporti e delle relazioni segnate dalla violenza viene vissuta dal vivo, in diretta. La città umana, la realtà più decisiva per il progresso e il cammino culturale dell’umanità, è anche un luogo che contraddice la qualità della vita e delle relazioni, quando non è addirittura segnata dalla barbarie e dalla disumanità”. Il riferimento è agli “effetti dell’indurimento del cuore di uomini che si ostinano nel male coalizzandosi in sodalizi che impongono un dominio e limitano la libertà di altri uomini e di altre donne”. “Città soggette al delirio di onnipotenza dei cuori ostinati e spietati dei faraoni di ogni popolo di ogni tempo; delirio che produce strutture perverse, schiavitù, sfruttamento, violenza, oppressione e morte”.