La pandemia ha fatto emergere il cosiddetto “paradosso della povertà”: ossia “coloro che erano abituati a vivere una situazione di instabilità hanno retto meglio all’urto della situazione critica rispetto a coloro che non immaginavano di dover fare i conti da un giorno all’altro con una situazione di fronte alla quale si sono sentiti impreparati (tra questi artigiani, piccoli imprenditori e liberi professionisti)”. Lo ha detto oggi Serena Quarta, sociologa dell’Università di Salerno, tra le curatrici del volume di Caritas Puglia “Chiese chiuse… Chiesa aperta. La testimonianza della carità nelle chiese di Puglia al tempo della pandemia”, durante la conferenza stampa di presentazione presso l’aula sinodale dell’arcidiocesi di Bari-Bitonto a Bari. Si tratta di una ricerca e un report sulle attività di parrocchie, diocesi e Caritas pugliesi durante e dopo il primo lockdown del 2020. “Durante la pandemia sono stati attivi ben 678 centri Caritas con diversi servizi offerti agli utenti, in modo particolare potenziando soprattutto il servizio di ascolto per l’accoglienza delle diverse richieste: dall’aiuto materiale a quello morale e di condivisione della tensione, della stanchezza e della paura”, ha ricordato la sociologa, richiamando alcune buone prassi attivate nel corso della pandemia, tra le quali “CondividiAmo”, l’iniziativa di una parrocchia che attraverso i social faceva sapere quali erano le necessità e poi rendicontava quanto fatto; la “spesa sospesa” presso i diversi supermercati e, ancora, l’iniziativa “Risto-bene” che ha permesso di aiutare anche il comparto dei ristoratori attraverso la preparazione dei pasti a prezzo calmierato distribuiti poi presso le mense.