“Sono romagnolo anch’io, di montagna, originario di Popolano di Marradi, un po’ balzerotto, parlo il dialetto di quella Romagna Toscana dove ho avuto la fortuna di conoscere preti che hanno influito sulla mia vocazione e che, come pastori, stavano in mezzo alla gente”. Così ha salutato il card. Gualtiero Bassetti, presidente della Cei e arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, ospite a Forlì nell’abbazia di San Mercuriale, dove ha prima presieduto la messa e poi è intervenuto all’incontro pubblico di presentazione del libro di Quinto Cappelli “Le radici di una vocazione. I primi maestri del card. Bassetti: don Piero Poggiolini e don Giovanni Cavini” (ed. San Paolo) con l’autore e il giornalista Alessandro Rondoni, direttore dell’Ufficio comunicazioni sociali di Bologna e della Ceer. L’abate, don Enrico Casadio, come si legge in una nota diffusa stasera, ha salutato il card. Bassetti ricordando che la sua visita, sabato 17 luglio, avveniva nell’ambito delle celebrazioni della festa della Madonna del Carmine e che grazie ai contributi dell’8×1000 la Cei con il suo presidente Bassetti hanno dato il via a un cospicuo finanziamento per i restauri della chiesa del Carmine, in corso Mazzini. Anche il vescovo di Forlì-Bertinoro, mons. Livio Corazza, e il sindaco di Forlì, Gian Luca Zattini, hanno salutato il card. Bassetti durante la presentazione del libro. Cappelli e il card. Bassetti, rispondendo alle domande di Rondoni, hanno rievocato storie e figure del secolo scorso delle vallate romagnole, fra cui i sacerdoti don Poggiolini e don Cavini. Oltre a vari preti di montagna, durante l’incontro sono stati ricordati anche mons. Giuseppe Prati, il familiare “don Pippo”, il venerabile don Giulio Facibeni, padre Pietro Leoni, don Francesco Ricci, mons. Adalberto Mambelli, don Carlo Fabbretti, don Angelo Batani e mons. Dino Zattini recentemente scomparso. Cappelli ha precisato: “Ho scritto questo libro perché io e Bassetti siamo nati in cima ai monti e guardavamo da lontano le città. Negli anni ’50 la maggior parte non poteva proseguire gli studi. Quando mi sono laureato per la seconda volta alla Cattolica di Milano ho sentito come se mi fossi laureato anche per quelle migliaia di contadini che sull’Appennino italiano e sulle montagne non erano mai arrivati alla scuola”. E il cardinale ha aggiunto: “Siamo cresciuti nella Romagna Toscana, in questa aria, in questa cultura, seguendo preti che sono stati una presenza nella Chiesa e nella società”. Infine, un pensiero al prossimo cammino sinodale: “La Chiesa è una madre che genera, alimenta, conduce per mano, che ci fa sperimentare la misericordia. Se non partiamo da qui, come ci chiede Papa Francesco nella Evangelii Gaudium, non si capisce il Sinodo. Senza misericordia non si può incontrare questo mondo di uomini feriti”.