Al 31 gennaio 2021, i nuclei beneficiari di Reddito di cittadinanza indirizzati ai percorsi di inclusione lavorativa sono, a livello nazionale, circa 530mila, il 49% del totale dei nuclei indirizzati, a seconda delle loro caratteristiche, ai Centri per l’impiego o ai servizi sociali. Lo rileva il VI Rapporto sulle politiche contro la povertà di Caritas italiana, che ha effettuato un monitoraggio sul Reddito di cittadinanza e tracciato anche un identikit dei beneficiari: si tratta di “persone molto deboli dal punto di vista lavorativo e in grandi difficoltà economiche, psicologiche e sociali. Non raramente sono persone che non hanno acquisito neppure il titolo di studio obbligatorio per legge, o sono giovani che non studiano né lavorano o in evidente ritardo con gli studi. Sono tutti dotati di smartphone, ma non sanno usarlo per effettuare ricerche su internet, non sanno redigere un curriculum vitae e, in alcuni casi, non parlano la lingua italiana”. Il 72% ha al massimo la licenza media mentre solo il 3% ha ottenuto la laurea. Tra i beneficiari il 21% non ha mai avuto un rapporto di lavoro alle dipendenze nella sua storia lavorativa. Gli under 30 e gli over 50 rappresentano rispettivamente il 34% e il 27% dei beneficiari tenuti al Patto per il lavoro. Gli under 30 sono più presenti al Sud e nelle isole, viceversa gli over 50 nel Centro-Nord. Il rapporto individua anche alcune caratteristiche delle famiglie povere escluse: tendono a risiedere al Nord, ad avere minori e risparmi in banca superiori alla soglia consentita. Attualmente sono escluse dalla possibilità di richiedere il Reddito 4 famiglie straniere su 10. Il requisito economico di accesso che più di tutti restringe l’accesso alla misura alle famiglie in povertà assoluta è quello del patrimonio mobiliare (solo due terzi di queste lo soddisfa). Al Nord il numero delle famiglie che fruiscono del RdC è il 37% di quelle in povertà assoluta, nel Centro il 69% e nel Sud il 95%. Le condizioni di povertà ruotano attorno all’impossibilità di avere risorse adeguate per affrontare il soddisfacimento di tre bisogni fondamentali: la spesa per il mangiare, la casa e le bollette. Nonostante il Reddito di cittadinanza le difficoltà persistono “in particolare nei casi in cui l’importo riconosciuto è estremamente basso oppure non adeguato rispetto ai bisogni di vita”. Una delle criticità più segnalate è stata la sospensione del contributo al 18° mese, per cui bisogna tornare alla Caritas o da altre organizzazioni del privato sociali per chiedere di nuovo aiuto.